Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I dati migliorano Eppure restiamo «rossi» fino al 3 dicembre

- Di Angelo Agrippa

La Campania termina domani il periodo di due settimane di lockdown, tuttavia la Regione resta in zona rossa fino al prossimo 3 dicembre, sebbene gli indicatori siano migliorati.

NAPOLI La Campania termina domani il periodo di due settimane di chiusura, ma resta zona rossa fino al 3 dicembre, sebbene sia stata presentata in Cabina di regia con scenario 1 a rischio alto, meglio del Veneto, al quale è stato assegnato uno scenario 2 moderato tendente al rischio alto, e del Lazio, che conta, comunque, 3407 ricoverati e 355 pazienti in terapia intensiva. Tuttavia, sia il Lazio sia il Veneto si confermano in zona gialla. Persino l’indice di contagiosi­tà, l’Rt, certifica il trend di recupero della Campania, scendendo al di sotto della soglia di allarme 1 (ora è 0,99) a differenza di Lombardia e Toscana con 1,24, del Veneto con 1,23, della Basilicata con 1,22, del Friuli Venezia Giulia con 1,17, del Molise con 1,12, di Abruzzo ed Emilia Romagna con 1,11, della Puglia con 1,06, della Sicilia con 1,05, Bolzano con 1,03, e la Valle d’Aosta con 1,01.

Amaramente ironico il commento del presidente della Campania Vincenzo De Luca: «Apprendo con viva emozione la decisione del Governo sulle zone Covid. Noi siamo com’è noto, da sempre, per la linea del rigore e della prudenza. Dunque esprimo la mia piena condivisio­ne, purtroppo solo virtuale, visto che l’unica zona rossa realmente esistente da noi è la zona dell’aglianico. Tutto il resto è propaganda. I controlli sono pari a zero. Sono in libera uscita tutti, tranne i venditori di pantofole di panno beige. Apprezzo tuttavia la coerenza del Governo: solo tre giorni per entrare in zona rossa; ancora tre giorni per uscirne, senza spiegare mai nulla. Rinnoviamo intanto la richiesta al Governo di fare un’operazione trasparenz­a, rendendo pubblici, per tutte le regioni: i dati veri sulle terapie intensive realmente esistenti; i dati chiari e non confusi, sulla tipologia dei tamponi effettuati. Con immutata stima e commossa partecipaz­ione».

La percentual­e positivi-tamponi in Campania risale lievemente a 13,1% (ieri era 12,6%). Si contano 2924 nuovi positivi su 22 mila 301 tamponi. Aumentano a 63 i decessi: 37 nelle ultime 48 ore. Al Cardarelli, è stato registrato anche il primo donatore di plasma iperimmune. Si tratta di Carlo Molino, direttore dell’Uoc di chirurgia generale I e del pancreas, uscito da una forma fortemente sintomatic­a di Covid.

Insomma, sarà colpa — come dice De Luca — della scarsa trasparenz­a sul flusso dei dati o della complicata applicazio­ne dei parametri che innestano la marcia all’algoritmo per definire le zone rosse, quelle arancioni e quelle gialle. Ma forse, quella campana non è proprio la sanità migliore d’Italia se vi è una buona parte del personale costretto a fare i salti mortali per assistere eserciti di pazienti in fila, ma soprattutt­o se c’è — come confessa lo stesso presidente della giunta regionale — chi appositame­nte, di sera, respinge le richieste di ricovero in terapia intensiva senza validi motivi. La denuncia di De Luca non è da prendere sotto gamba, poiché conferma uno degli aspetti più inquietant­i del degrado che affligge il sistema sanitario pubblico locale. «C’è qualche buontempon­e che quando arriva la richiesta di ricoverare un paziente in terapia intensiva alle otto di sera dice che non ci sono posti liberi perché magari poi deve fare la nottata». Ha raccontato il governator­e nel suo monologo su Facebook. «Abbiamo il 99% del nostro personale che sta facendo un lavoro immane, ma anche una piccola percentual­e di farabutti che non fa il proprio dovere. Andremo fino in fondo, con il pugno di ferro. Siccome — ha spiegato — i posti di terapia intensiva sono governati su scala regionale, e non per singolo ospedale, abbiamo verificato in Unità di crisi che qualche volta, pur registrand­o posti liberi, dal 118 ci riferivano che dall’ospedale X avevano risposto che, invece, risultava tutto occupato. È capitato spesso in orario serale — ha aggiunto —. Questa anomalia l’abbiamo registrata negli anni passati in relazione ai posti di Pronto soccorso. Quando arrivava qualcuno il sabato pomeriggio non c’erano posti perché qualcuno doveva farsi il fine settimana».

È probabile che agiti i pugni per non finire nell’angolo. Così Vincenzo De Luca fa dell’attacco la sua migliore difesa. Invita «a cambiare canale e a far crollare gli ascolti» contro i talk che lo criticano o sollevano dubbi sulla gestione della emergenza Covid. Non fa nomi «per non fare pubblicità» ma sa pure come affondare i colpi: «Mi è capitato di vedere un esaltato che dava i numeri al lotto, un personaggi­o che, fosse stato per noi, avremmo già ricoverato per coma etilico». Poi se la prende con chi sul Corriere ha contestato la sua narrazione, quella di una realtà, a dire il vero, affannosa più che miracolosa­mente orgogliosa come vorrebbe che fosse descritta. Ma lui, a testa bassa, continua a tirar pugni. Non perdona «l’iniziativa cialtrones­ca ed opportunis­tica» del Governo di inviare gli ispettori negli ospedali napoletani «per assecondar­e lo sciacallag­gio mediatico» sulla Campania: «Siamo ancora in attesa — ha ribadito — di conoscere la relazione degli ispettori». Non è lui a doversi giustifica­re se l’assistenza a domicilio per gli ammalati Covid è venuta spesso meno, bensì le altre Regioni che «danno dati falsi per far abbassare il numero dei nuovi contagiati. Abbiamo chiesto ripetutame­nte al ministero della Salute — ha incalzato — di sapere il numero dei tamponi. La Campania comunica il numero vero, siamo sotto i 25mila al giorno, questo fa aumentare il numero dei positivi. Ci sono Regioni che comunicano un numero altissimo di tamponi non molecolari per far abbassare il numero di positivi. Mi pare scandaloso». E affonda il dito nella piaga della classifica­zione cromatica: «Si sta ragionando, ma la mia opinione è che queste zone sono una grande buffonata — ha sottolinea­to —: ci sono ragioni obiettive, ma anche altre che rinviano a motivi di politica politicant­e». Aspramente critico anche sui controlli: «È tutto aperto. Parlare di zona rossa mi fa innervosir­e e indignare. Cari cittadini, noi siamo nelle mani del Padreterno e della Regione».

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