Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Procida irriducibile, eretica e magica L’isola ribelle che obbediva solo al Papa
Taglio originale per lo studio di Giovanni Romeo pubblicato da Laterza
L’Isola ribelle. Procida nelle tempeste della Controriforma di Giovanni Romeo (Laterza) racconta come in questa enclave i costumi siano sempre stati come la sua architettura: irriducibili a norme che non fossero interne alla sua comunità. «A oltre un secolo dal Concilio di Trento, a poche miglia dalla più grande città italiana, alcune delle regole essenziali che disciplinavano la sessualità erano ignorate da gran parte dei fedeli» scrive. Ordinario della Federico II a riposo, con acribia affronta il caso di quest’isola in cui le convivenze erano più diffuse dei matrimoni: «Si comportavano così quasi tutti i fidanzati ma anche i tanti isolani che decidevano di vivere insieme per motivi di ogni genere». Gli archivi diocesani, un patrimonio che Romeo padroneggia perfettamente, sono la fonte feconda di questo racconto storiografico che alla scientificità del metodo associa la scorrevolezza narrativa.
La dinamica degli arcivescovi inviati dalla curia di Napoli per redimere le anime riottose e le reazioni di questi, appassiona con veri colpi di scena. Come quando l’8 febbraio del 1625 trenta coppie di conviventi furono raggiunti dall’ordine di separarsi pena la scomunica. Sulle porte delle case eretiche vennero affissi «cedoloni» che indicavano peccato e peccatori. Ma il marchio d’infamia non scoraggiò i costumi libertari. Nel 1693 si richiese l’intervento del capo del Santo Uffizio diocesano di Napoli che attivò i predicatori. Solo 36 coppie su 70 regolariz(scomodamente) zarono il loro status in giorni infiammati dal solstizio d’estate con i suoi rituali magici. Questi si svolgevano anche in luoghi sacri con la compiacenza dei preti che «condividevano con i parrocchiani anche un forte senso di estraneità, se non di ostilità, verso i vertici della chiesa napoletana».
L’insubordinazione ha una ragione storica che Romeo attribuisce al privilegio della extraterritorialità di cui Procida aveva goduto da metà del Quattrocento e per tutto il Cinquecento: l’isola non dipendeva da nessun vescovo – nullius diocesis – e gli abati di San Michele Arcangelo rispondevano solo al Papa. Così era anche sotto il governo di Innico d’Avalos. Dopo la sua morte Procida fu incardinata nella diocesi di Napoli.
Un posto a parte meritano le figure femminili. Come Annuccia e Sabella due orfane della Corricella: la prima fu stuprata da Vincenzo, un marinaio vedovo che si presentò a casa sua con un materasso. Lo buttò a terra e la possedette facendosi trovare così dal padre di lei. Significava che «la casa era pigliata». Con gli uomini in mare le procidane hanno un ruolo formidabile: lo dimostrano le fondatrici nel 1665 di un Monte femminile destinato alle donne socialmente deboli.
Di segno apposto la figura di Beatrice Castiglione le cui confessioni agli inquisitori consentirono di smantellare «il più folto gruppo di streghe e stregoni mai scoperto a Napoli
in età moderna». Beatrice si era trasferita ai Quartieri Spagnoli dove oltre a prostituirsi scioglieva fatture, curava con pozioni, organizzava sabba e riti diabolici con i frati. Mentre lei operava con successo a Napoli da qui si trasferirono a Procida due fattucchiere siciliane «sedicenti mediche»: nel tempo in cui il vicario istruiva un’indagine le donne dell’isola si erano già fatte giustizia da sole ricacciando le «streghe» sulla terraferma. Il Settecento vede Vittoria e Anna Scotto di Santolo mettere in campo una sorta di riforma luterana fatta in casa: le due sorelle non credevano nelle immagini religiose sostenendo che i santi bisognava adorarli solo in cielo.
Il secolo dei lumi, regala, un episodio di sesso e santità: padre Innocenzo e don Domenico teorizzarono, praticandolo, il sesso come raggiungimento della perfezione spirituale. Ne persuasero la bizzoca Rosa Palma che divenne fervente osservante del precetto. E poiché non volevano tener per loro soli siffatta scoperta convolsero altre maritate e vedove e un muratore.