Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Olio di serpente e Coronavirus
La pandemia e la moda dilagante degli integratori Per utili o dannosi che possano essere
Apostrofare qualcuno come «venditore di olio di serpente» equivale a dargli del ciarlatano. La definizione deriva dalle frontiere americane (Far West) di fine Ottocento ed ebbe come principale interprete Clark Stanley che divenne tanto ricco e famoso da avere addirittura uno spettacolo durante l’Esibizione Universale di Chicago del 1897. L’olio di serpente non fu una sua scoperta, perché era già in uso presso molte tribù indiane, ma solo un miglioramento della formula originale. L’olio veniva presentato alla piazza da un sedicente medico, accompagnato da un complice, che si confondeva tra la folla e fingeva una guarigione immediata. L’olio di serpente era decantato per i suoi benefici miracolistici nel curare cefalea, nevralgia, tosse, raffreddore, singhiozzo, gotta, gonorrea, difterite, parotite, morbillo, pertosse, tubercolosi e perfino la cecità. Nel 1917 Clark Stanley venne smascherato: il suo balsamo si rivelò un miscuglio di petrolio, grasso animale, pepe rosso, canfora e trementina, senza nemmeno una traccia di serpente a sonagli. Da allora, l’olio di serpente è sinonimo di truffa o di bufala.
Cosa c’entra l’olio di serpente con il Covid? Di recente stiamo assistendo ad una vera esplosione di marketing pubblicitario televisivo che quotidianamente tesse le lodi di prodotti da banco dalle qualità sorprendenti e reperibili in farmacie, erboristerie, parafarmacie e altrove. La pubblicità di questi prodotti c’era stata anche nel recente passato, ma da qualche tempo è diventata esplosiva, coinvolgendo anche marchi finora non reclamizzati. Quello che rimane al termine dello spot pubblicitario è l’aiuto al sistema immunitario che questi prodotti potrebbero dare, un rafforzamento delle difese verso agenti patogeni esterni. Sebbene non sia mai menzionato il termine Covid, l’immaginario dell’ascoltatore è portato ad associare, più o meno consciamente, la terminologia usata con l’attacco alle difese immunitarie che Covid-19, al pari di altri virus, può portare. Sempre più o meno consciamente scatta l’equazione: «prendo il prodotto, rafforzo il mio sistema immunitario, forse me la cavo; tanto, anche se non funziona, è innocuo».
Non sempre può valere il detto: «lo prendo, tanto non fa male». Nel mondo reale, non sempre il contenuto di un supplemento o integratore rispecchia quanto è scritto sull’etichetta, così come non sempre viene riportato il contenuto di sostanze che potrebbero nuocere alla salute. Negli Usa, sarebbero 23.000 gli accessi al pronto soccorso per uso (o abuso) di supplementi. E in Europa? Negli ultimi anni il mercato della contraffazione ha colpito anche gli integratori alimentari, un problema emergente di salute nel mercato dell’Unione Europea. Il 15 per cento dei diversi campioni analizzati dall’Istituto Superiore di Sanità conteneva sostanze non permesse, potenzialmente dannose oppure non dichiarate. Nonostante tutto questo, nonostante la penuria di prove scientifiche di efficacia, gli italiani consumano sempre più integratori alimentari: il volume di vendite ha superato i 3,5 miliardi di euro annuali e si calcola in espansione. L’Italia è il principale mercato in Europa, con una quota in valore del 27 per cento; il 65 per cento della popolazione italiana adulta (circa 30 milioni di persone) farebbe uso di queste sostanze che si confermano la seconda categoria dopo il farmaco su prescrizione. In questo momento difficile i consumatori hanno incluso gli integratori tra gli acquisti fondamentali per il mantenimento della salute e del benessere.
A ben guardare, le troppe aspettative concentrate sulla scienza tendono a produrre un clima di reazione e rifiuto: quando la scienza non è in grado di risolvere ogni problema, prende corpo lo pseudo-scienziato, quello che garantisce delle scorciatoie per arrivare ad una verità (falsa). Ed ecco in aiuto la rete, che letteralmente pullula di blog e notizie. L’uomo comune non vuole sentire che la scienza è impotente: già deve convivere e convincersi dell’idea della propria morte. Letteralmente il termine pseudo-scienza significa falsa conoscenza e indica ogni teoria, metodologia o pratica che afferma di essere scientifica, ma che tuttavia non mostra i criteri tipici di scientificità, non seguendo il metodo sperimentale. La pseudo-scienza è dappertutto, sui giornali, sui libri, ma principalmente alla televisione, regina incontrastata delle verità scientifiche dimezzate, frastagliate o peggio condizionate, di affermazioni che non sono né vere né false, che ti lasciano incapace di formulare una qualsiasi replica.
Il problema oggi non è tanto di quello che si propaganda, ma la pervicacia con cui gli pseudoscienziati di turno continuano a essere invitati nei vari talk show televisivi o radiofonici e sottoposti a dibattiti e confronti. I moderatori di queste trasmissioni dimostrano essi stessi una modesta professionalità, che non può essere barattata con l’esigenza tecnico-commerciale delle emittenti che richiede una costante audience per battere cassa con gli sponsor.