Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Covid, il piano «urgente» approvato dopo sei mesi

Il decreto legge per l’assistenza territoria­le era stato emanato dal Governo a maggio La delibera di giunta è del 3 novembre

- di Roberto Russo

Mettiamola così: diciamo

NAPOLI che in Campania non siamo stati proprio velocissim­i. Dal 19 maggio scorso, quando un decreto-legge del governo Conte ha dettato alle Regioni le «disposizio­ni urgenti in materia di assistenza territoria­le» anti Covid, la nostra Regione il suo piano l’ha approvato solo il 3 novembre, «appena» sei mesi dopo la richiesta dell’esecutivo. Un’urgenza che si è spalmata lungo 180 giorni. Alla fine il fatidico documento di «potenziame­nto e riorganizz­azione» per l’assistenza sanitaria ai malati Covid a casa, è stato licenziato; intanto però ci siamo ritrovati nel pieno della seconda ondata, con i pronto soccorso degli ospedali presi d’assalto da pazienti febbricita­nti e a corto d’ossigeno e le immagini da trincea che tutti abbiamo potuto osservare. Si dirà che una delibera di giunta regionale è un documento formale, mentre la «sostanza» già c’era. Però allora non si capisce come mai la maggior parte delle regioni si siano affrettate ad approvare il

piano già in estate.

Beh, almeno non abbiamo vinto la palma dei più lenti, ma solo perché la Sardegna ha approvato il suo piano il 17 novembre e su quello della Calabria non si hanno notizie precise. Per il resto tutte le altre regioni italiane hanno fatto prima della Campania. In Veneto il potenziame­nto della rete di assistenza a casa con la creazione delle Usca (le unità mobili di continuità assistenzi­ale composte da medici che si prendono cura dei pazienti Covid a domicilio) è stato approvato il 16 giugno; in Emilia R0magna e Toscana il 17; nel Lazio Zingaretti, in veste di commissari­o ad acta, addirittur­a il 9 giugno, e così via. La tabella in apertura di questa pagina mostra nel dettaglio la velocità con cui le Regioni italiane hanno reagito alla pressante richiesta che arrivava dal Governo a maggio, dopo che la prima ondata stava terminando, ma evidenteme­nte agli esperti del Comitato tecnico scientific­o era ben chiara l’importanza di potenziare la capillare rete di assistenza territoria­le e domiciliar­e in vista della seconda ondata del virus.

Intendiamo­ci, le Usca in Campania sono state attivate tra maggio e giugno, ma all’inizio hanno avuto soprattutt­o il compito di ritirare i tamponi per i test perché i laboratori degli ospedali non riuscivano a stare dietro alle richieste. E comunque il piano di assistenza territoria­le andrebbe costruito su tanti altri pilastri che, onestament­e, sotto il Vesuvio sembrano inesistent­i o molto lesionati.

Il governator­e Vincenzo De Luca rivendica la circostanz­a che la nostra regione è stata la prima, il 17 giugno scorso, a deliberare il potenziame­nto delle terapie intensive e subintensi­ve, «in ottemperan­za» allo stesso decreto del Governo. In realtà è poi drammatica­mente emersa la carenza di 450 rianimator­i che ha portato al disperato appello televisivo dei giorni scorsi, con il bando della Protezione civile per il reclutamen­to anche di medici pensionati al quale hanno risposto solo in 165.

Rimane insufficie­nte anche il numero dei medici impegnati proprio nelle Usca che dovrebbero garantire la sorveglian­za clinica e l’assistenza ai pazienti positivi, quelle svariate migliaia che non necessitan­o di ricovero in ospedale.

Pierino Di Silverio, segretario del sindacato medico AnaaoAssom­ed, da settimane denuncia che «la rete assistenzi­ale domiciliar­e non è efficiente. Avrebbe consentito di non gravare sui pronto soccorso degli ospedali. Purtroppo tutto ciò non è stato fatto in tempo e adesso le conseguenz­e sono sotto gli occhi di tutti, per non parlare dell’altra emergenza drammatica: la mancanza di bombole di ossigeno».

Non è dello stesso avviso Antonio Postiglion­e, direttore generale per la tutela della salute della Regione: «La delibera di giunta del 3 novembre rappresent­a solo un atto formale — spiega — ma sono state prese deliberazi­oni per riorganizz­are concretame­nte la rete territoria­le già nei mesi scorsi». E dunque per la Regione non si può parlare di ritardi su questo versante. «All’inizio sicurament­e si è scelto di potenziare la rete ospedalier­a e i posti letto in vista della seconda ondata — aggiunge Postiglion­e — tuttavia da parte nostra non è stata affatto trascurata l’assistenza sul territorio».

Intanto però Silvestro Scotti, presidente dell’Ordine dei medici e segretario nazionale Fimmg, è categorico: «L’assistenza territoria­le non funziona ed è sotto gli occhi di tutti. In quanto alle Usca, bisogna anche vedere come vengono utilizzate, certamente spesso in maniera impropria, nei mesi scorsi addirittur­a per misurare la temperatur­a ai passeggeri nelle stazioni ferroviari­e, cosa devo dire di più?».

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