Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Covid, il piano «urgente» approvato dopo sei mesi
Il decreto legge per l’assistenza territoriale era stato emanato dal Governo a maggio La delibera di giunta è del 3 novembre
Mettiamola così: diciamo
NAPOLI che in Campania non siamo stati proprio velocissimi. Dal 19 maggio scorso, quando un decreto-legge del governo Conte ha dettato alle Regioni le «disposizioni urgenti in materia di assistenza territoriale» anti Covid, la nostra Regione il suo piano l’ha approvato solo il 3 novembre, «appena» sei mesi dopo la richiesta dell’esecutivo. Un’urgenza che si è spalmata lungo 180 giorni. Alla fine il fatidico documento di «potenziamento e riorganizzazione» per l’assistenza sanitaria ai malati Covid a casa, è stato licenziato; intanto però ci siamo ritrovati nel pieno della seconda ondata, con i pronto soccorso degli ospedali presi d’assalto da pazienti febbricitanti e a corto d’ossigeno e le immagini da trincea che tutti abbiamo potuto osservare. Si dirà che una delibera di giunta regionale è un documento formale, mentre la «sostanza» già c’era. Però allora non si capisce come mai la maggior parte delle regioni si siano affrettate ad approvare il
piano già in estate.
Beh, almeno non abbiamo vinto la palma dei più lenti, ma solo perché la Sardegna ha approvato il suo piano il 17 novembre e su quello della Calabria non si hanno notizie precise. Per il resto tutte le altre regioni italiane hanno fatto prima della Campania. In Veneto il potenziamento della rete di assistenza a casa con la creazione delle Usca (le unità mobili di continuità assistenziale composte da medici che si prendono cura dei pazienti Covid a domicilio) è stato approvato il 16 giugno; in Emilia R0magna e Toscana il 17; nel Lazio Zingaretti, in veste di commissario ad acta, addirittura il 9 giugno, e così via. La tabella in apertura di questa pagina mostra nel dettaglio la velocità con cui le Regioni italiane hanno reagito alla pressante richiesta che arrivava dal Governo a maggio, dopo che la prima ondata stava terminando, ma evidentemente agli esperti del Comitato tecnico scientifico era ben chiara l’importanza di potenziare la capillare rete di assistenza territoriale e domiciliare in vista della seconda ondata del virus.
Intendiamoci, le Usca in Campania sono state attivate tra maggio e giugno, ma all’inizio hanno avuto soprattutto il compito di ritirare i tamponi per i test perché i laboratori degli ospedali non riuscivano a stare dietro alle richieste. E comunque il piano di assistenza territoriale andrebbe costruito su tanti altri pilastri che, onestamente, sotto il Vesuvio sembrano inesistenti o molto lesionati.
Il governatore Vincenzo De Luca rivendica la circostanza che la nostra regione è stata la prima, il 17 giugno scorso, a deliberare il potenziamento delle terapie intensive e subintensive, «in ottemperanza» allo stesso decreto del Governo. In realtà è poi drammaticamente emersa la carenza di 450 rianimatori che ha portato al disperato appello televisivo dei giorni scorsi, con il bando della Protezione civile per il reclutamento anche di medici pensionati al quale hanno risposto solo in 165.
Rimane insufficiente anche il numero dei medici impegnati proprio nelle Usca che dovrebbero garantire la sorveglianza clinica e l’assistenza ai pazienti positivi, quelle svariate migliaia che non necessitano di ricovero in ospedale.
Pierino Di Silverio, segretario del sindacato medico AnaaoAssomed, da settimane denuncia che «la rete assistenziale domiciliare non è efficiente. Avrebbe consentito di non gravare sui pronto soccorso degli ospedali. Purtroppo tutto ciò non è stato fatto in tempo e adesso le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, per non parlare dell’altra emergenza drammatica: la mancanza di bombole di ossigeno».
Non è dello stesso avviso Antonio Postiglione, direttore generale per la tutela della salute della Regione: «La delibera di giunta del 3 novembre rappresenta solo un atto formale — spiega — ma sono state prese deliberazioni per riorganizzare concretamente la rete territoriale già nei mesi scorsi». E dunque per la Regione non si può parlare di ritardi su questo versante. «All’inizio sicuramente si è scelto di potenziare la rete ospedaliera e i posti letto in vista della seconda ondata — aggiunge Postiglione — tuttavia da parte nostra non è stata affatto trascurata l’assistenza sul territorio».
Intanto però Silvestro Scotti, presidente dell’Ordine dei medici e segretario nazionale Fimmg, è categorico: «L’assistenza territoriale non funziona ed è sotto gli occhi di tutti. In quanto alle Usca, bisogna anche vedere come vengono utilizzate, certamente spesso in maniera impropria, nei mesi scorsi addirittura per misurare la temperatura ai passeggeri nelle stazioni ferroviarie, cosa devo dire di più?».