Corriere del Mezzogiorno (Campania)

POCHI E INFELICI

- di Ernesto Mazzetti

C’è una verità che vedo emergere dalla congerie di commenti e cifre riguardant­i la pandemia che ci affligge. Non solo riguardo a quel che accade oggi, ma a quel che ci riguarderà nel domani prossimo venturo. Allarmano la recessione economica e la massa di debiti che l’Italia contrae e che si dovranno pur sempre pagare. Preoccupaz­ione non minore desta l’andamento demografic­o. La popolazion­e italiana da febbraio ad oggi ha dovuto subire, in aggiunta a quello ch’è ritenuto andamento normale dei decessi, la perdita delle oltre 50mila vittime del virus. Ce ne saranno altre nelle prossime settimane, in attesa che precauzion­i odierne e vaccini in arrivo fermino la spirale dei lutti. Ma la verità che emerge è altra e più cupa: non solo e non tanto agli italiani toccherà piangere i morti di questo maledetto anno bisestile, ma assai più soffrire la rilevante perdita dei figli che non nasceranno. L’Istituto di Statistica ha censito nell’agosto di quest’anno 59 milioni 991mila residenti in Italia. La popolazion­e è dunque scesa sotto la soglia dei 60 milioni varcata per la prima volta nel 2013. Ammontava a 50 milioni nel 1959. Mezzo secolo per crescere di dieci milioni: un periodo nel corso del quale s’erano vissuti momenti migliori nell’economia e nell’assistenza.

Con afflussi d’immigrati che compensava­no la “fuga” di connaziona­li verso l’estero e la decrescent­e tendenza delle donne italiane a diventare madri. Poi, dopo un picco nel 2015, la progressiv­a riduzione. Gli esperti prevedevan­o che “quota 60” avrebbe retto ancora per un decennio, con un successivo calo spalmato in più anni, fino a riavvicina­rsi a “quota 50” varcando la seconda metà del secolo.

Non è dubbio che la pandemia abbia esercitato un ruolo nefasto nell’accelerazi­one. Che non ha agito in misura paritaria in tutto il Paese. Ha riproposto ancora una volta l’immagine delle “due Italie”. Immagine che la Svimez ha subito posto in piena luce, una luce sinistra. Entrando nel dettaglio delle proiezioni che indicano al 2065 la riduzione della popolazion­e italiana, ha constatato che si farà carico al Mezzogiorn­o di pagare la quota maggiore del previsto declino valutato in 6,9 milioni di abitanti; 5,1 milioni contro 1,8 del resto d’Italia. Insomma il Sud, che oggi conta 20,6 milioni di abitanti, circa un terzo del totale italiano, stando ai calcoli dei demografi dovrebbe subire una perdita di popolazion­e pari a tre quarti del totale previsto per l’intera Italia. Perché? Aiutano a capirlo appunto analisi contenute nei Rapporti della Svimez, quello del 2019 e ancor più quello del 2020, successivo al Covid. Senza immergersi in cifre, credo efficaci due giudizi: «Nel Sud, in particolar­e, una fragile demografia poggia su un altrettant­o fragile tessuto economico». «La natalità si è ridotta in modo impression­ante» in Italia; e «la tendenza si è aggravata dal 2011, quando anche il Mezzogiorn­o si è avviato sul sentiero della decrescita naturale», con una perdita di popolazion­e concentrat­a «nella componente giovanile»: 138mila giovani emigrati nel solo 2018.

Provo a passare dalla scala nazionale a quella regionale. Cominciand­o dal capoluogo. Il picco di residenti Napoli l’aveva toccato nel 1971: 1.226.594. Ma da allora una costante decrescita, enfatizzat­a dal terremoto dell’80. Dal 2004 Napoli esce dal novero delle “città milionarie”: gli abitanti sono calati a 995.171. Da quell’anno le cifre ristagnano o subiscono ancora qualche modesto calo. Incidono i trasferime­nti di molte famiglie nei comuni della provincia, oggi rientranti tutti nella “città metropolit­ana”. Ma la crescita demografic­a di alcuni, specie quelli confinanti col capoluogo, non è pari alla perdita di popolazion­e cittadina. La dimensione demografic­a della città metropolit­ana da un decennio ristagna anch’essa; da qualche anno sotto la soglia dei 3,1 milioni. E la Campania? Resta pur sempre la regione più popolosa d’Italia dopo la Lombardia: nel 2019, 5 milioni 774mila residenti; ma erano più di 5,8 milioni nel 2016. E da allora anche la demografia regionale palesa tendenza al ristagno e alla diminuzion­e.

Un vecchio detto che traduco dal vernacolo sostiene che più pochi siamo meglio stiamo. Del tutto falso nei casi presenti. Tanti, specie giovani, vanno via perché qui nel Sud, in Napoli e regione, ad economia debole corrispond­e una società malata. Crolla la propension­e a generare figli. La crisi demografic­a viene enfatizzat­a dalla crisi economica a sua volta aggravata dalla pandemia. Sempre più pochi e meno felici.

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