Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Mia moglie positiva L’ho aiutata a partorire ma la bambina è morta»
Aperta un’inchiesta della magistratura e sequestrata la cartella clinica Galano (118): capisco il dolore però è stato fatto tutto il possibile
«La mia bambina ha respirato per 25 minuti. Sono certo che poteva essere salvata, ma l’ambulanza è arrivata in ritardo e il personale sanitario non aveva gli strumenti adatti per rianimarla. Ho dovuto prestare io al medico le forbici per tagliare il cordone ombelicale». È sconvolto dal dolore Mario Conson, pizzaiolo che vive nel borgo Sant’Antonio Abate. Ieri mattina ha denunciato alla polizia un presunto caso di mala sanità in cui sono state coinvolte la moglie, Maria Pappagallo, che è positiva al Covid, e la figlioletta che lei portava in grembo.
«La mia bambina ha respirato per 25 minuti. Sono certo che poteva essere salvata, ma l’ambulanza è arrivata in ritardo e il personale sanitario non aveva gli strumenti adatti per rianimarla. Ho dovuto prestare io al medico le forbici per tagliare il cordone ombelicale». È sconvolto dal dolore Mario Conson, pizzaiolo che vive nel borgo Sant’Antonio Abate. Ieri mattina ha denunciato alla polizia un presunto caso di mala sanità in cui sono state coinvolte la moglie, Maria Pappagallo, che è positiva al Covid, e la figlioletta che lei portava in grembo. C’è stato un parto prematuro in casa, «pilotato» a distanza dal ginecologo; Maria sta bene, ma la bimba non ce l’ha fatta.
In seguito alla denuncia il pm Silvio Pavia ha aperto un fascicolo e disposto il sequestro della salma, che nei prossimi giorni sarà sottoposta ad autopsia; anche la cartella clinica della donna è stata sequestrata. Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Simona Di Monte. A rendere ancora più triste questa storia è il fatto che la coppia aveva già perso un bambino lo scorso maggio: era inabile alla vita, è stato necessario intervenire con un aborto terapeutico.
«Mia moglie — racconta Mario — ha avuto forti dolori nelle prime ore della giornata. Non mi sono allarmato, perché so che può succedere. Ho atteso che si facessero le 6 e mezzo e ho telefonato al ginecologo, che ci ha spiegato come procedere per far nascere la bambina. Alle 6.44 ho chiamato il 118, spiegando che mia moglie, malata di Covid, aveva avuto un parto prematuro e sollecitandoli a intervenire». Il tempo passava e la preoccupazione dei due genitori cresceva; la bambina, tuttavia, a dire del papà, respirava. «Sono sceso in strada, ho preso lo scooter e mi sono messo a girare per il quartiere cercando di intercettare l’ambulanza, ma non ci sono riuscito. I soccorsi sono arrivati solo mezz’ora dopo. Il personale poi secondo me non era attrezzato in maniera adeguata. Non avevano un’incubatrice e neppure le forbici per tagliare il cordone ombelicale».
Completamente diversa, ovviamente, la versione fornita da Giuseppe Galano, responsabile del 118: «Capisco che a un papà sconvolto dal dolore mezz’ora di attesa sembri un tempo infinito, ma bisogna considerare innanzitutto che sei o sette minuti passano per consentire agli operatori di vestirsi in maniera adeguata prima di entrare in contatto con una persona positiva al Covid. Quanto all’attrezzatura, ogni ambulanza è dotata del necessario per ogni genere di intervento, parto incluso. È possibile che, in un momento di grande confusione, il papà della bimba non si sia reso contro di quello che stava accadendo».
Galano è sereno: «Ho parlato con il collega che ha fatto l’intervento e mi ha detto cose molto diverse da quelle che il signor Mario denuncia. La magistratura ha sequestrato cartella clinica e salma e certamente farà le proprie valutazioni con competenza e rapidità. Alla famiglia della piccola esprimo tutta la mia vicinanza e solidarietà».
Maria Pappagallo è stata ricoverata al Policlinico, dove c’è un reparto di ginecologia attrezzato per pazienti positive al virus. «È rimasta mezz’ora nell’ambulanza con la bambina morta in braccio — dice ancora il marito —, è terribilmente ingiusto. Chiedo ai magistrati di approfondire quello che è accaduto».
Il responsabile del 118 da medico prova a ipotizzare quello che è accaduto: «Una nascita al sesto mese di gravidanza, in un appartamento, senza l’assistenza di uno specialista, è già un fattore di grave rischio; a questo si aggiunga l’incognita del Covid: è una malattia nuova, di cui sappiamo ancora molto poco, e dunque è possibile che in qualche modo abbia influito sulla morte della bimba. Dopo il sesto mese nel feto si completa la formazione dei polmoni, non dimentichiamolo». Quanto alla possibilità di rianimare la piccola, «in casi come quello basta un dito sullo sterno, una manovra di estrema semplicità; i colleghi hanno fatto tutto il possibile».
La denuncia del papà
Quando è arrivata non avevano neppure le forbici per tagliare il cordone ombelicale Sono convinto che la neonata poteva essere salvata