Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Ma quale Borbone, l’acquedotto è romano»
Castellammare, la scoperta dell’Archeoclub: «Materiali e tecnica risalgono a quell’epoca»
La storia millenaria della città di Castellammare di Stabia non smette mai di stupire e continua a regalare nuove scoperte, soprattutto in campo archeologico. Un gruppo di studiosi riuniti nell’associazione ArcheoClub d’Italia onlus sezione Stabiae, mettendo insieme esperienze e competenze multidisciplinari, è giunto alla conclusione che, con elevata probabilità, l’Acquedotto sulla collina stabiese di Quisisana è di origine romana e non borbonica. Se confermata, la scoperta potrebbe dare il via non solo ad un recupero della memoria storica del territorio, ad oggi poco documentata e frammentaria, ma soprattutto al recupero e alla valorizzazione di questa grandiosa opera di ingegneria naturalistica, per poi allestire percorsi di trekking culturale. A questo scopo, i risultati dei sopralluoghi e delle ricerche fatte sono stati inviati agli organi competenti, ovvero la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli, l’Ente parco regionale dei monti Lattari e gli assessorati alla cultura delle città di Castellammare e Pimonte. Ed ora si attende una risposta da parte della Soprintendenza.
La sezione Stabiae dell’ArcheoClub d’Italia è stata riaperta due anni fa grazie all’impulso dato dall’attuale presidente, Massimo Santaniello, coinvolgendo 50 esperti di varie discipline tutti impegnati volontariamente. «Da quando la sezione ha riaperto – spiega Santaniello abbiamo cominciato ad esplorare le colline della città, da Pozzano a Quisisana, alla ricerca di testimonianze archeologiche e architettoniche ancora oggi prive di uno studio approfondito. Percorrendo il tracciato dell’acquedotto di Quisisana, fino ad oggi attribuito al periodo borbonico, ci ha incuriosito la particolare tecnica costruttiva dei ponti che sostengono l’acquedotto in almeno due punti di grande interesse naturalistico, uno nel territorio stabiese l’altro nel territorio di Pimonte. Esaminando alcuni frammenti, abbiamo notato che sia i materiali che la tecnica costruttiva presentano notevoli differenze cromatiche e geometriche rispetto a quelli in uso nel periodo borbonico. Siamo riusciti anche a trovare il nome del probabile costruttore dell’acquedotto, il senatore Publius Sibidius Pollio. Ad ulteriore riprova della nostra tesi, ci sono i ritrovamenti di necropoli e ville di epoca romana sulla collina. È lecito ipotizzare che i Borbone abbiano utilizzato un acquedotto preesistente che serviva per distribuire l’acqua nella zona collinare di Castellammare».
Le carte
I risultati di ricerche e sopralluoghi inviati alla Soprintendenza e al Parco monti Lattari