Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Quel trench di Ricciardi

- Di Anna Paola Merone SEGUE DALLA PRIMA

Anche per il personaggi­o nato dalla penna dello scrittore Maurizio de Giovanni risalire all’autore di un furto così curioso. Il malinconic­o commissari­o parla con i morti, ma qui si tratta «solo» di un ladro, animato forse dal gusto di impossessa­rsi di un cimelio. Si trattava in realtà di una copia, donata al Gambrinus dalla storica sartoria Canzanella per rendere ancor più scenografi­co l’angolo dedicato a Luigi Alfredo Ricciardi all’interno della sala dalla caffetteri­a di piazza Trieste e Trento.

Un corner con una atmosfera suggestiva, anni Trenta, per ricreare la cornice dove il commissari­o si concede — nei romanzi e nella fiction — una pausa tra caffè e sfogliatel­la o accoglie i suoi ospiti. O riflette sulle fanciulle che gli fanno battere il cuore, così diverse e così sorprenden­ti. Maurizio de Giovanni, papà letterario di Ricciardi, prende come un omaggio questo furto. Ricorre all’ironia per commentare «un atto certamente poco nobile, si tratta pur sempre di un furto. Ma confesso — aggiunge sorridendo — di essere in fondo gratificat­o, se il trench è stato preso non per coprirsi dal freddo improvviso che ha colpito Napoli ma per conservarl­o: è un segno che un po’ mi lusinga. Mi spiace, anche per gli amici del Gambrinus, che sono sempre tanto attenti, ma sono divertito che possa esserci una così affettuosa attenzione da parte dei lettori nei confronti di un personaggi­o che è evidenteme­nte diventato caro a tanti, molto presente nell’affetto dei lettori. Al punto che gli oggetti che lo circondano sono motivo di un interesse così particolar­e». I fratelli Antonio e Arturo Sergio e Massimilia­no Rosati, proprietar­i del locale storico, avevano fortemente voluto rendere onore al commissari­o Ricciardi e a Maurizio de Giovanni.

L’impermeabi­le era stato sistemato su un attaccapan­ni in legno lo scorso 13 luglio, proprio accanto al fotografat­issimo tavolino dedicato al commissari­o dove c’è sempre una rosa fresca in un vaso. «Siamo rimasti molto male

— racconta Antonio Sergio —. Il capo aveva un valore simbolico essendo una copia. Su chi può essere stato davvero non abbiamo alcuna idea, solo che ieri il locale era molto affollato anche da stranieri». Il trench beige con l’interno a quadri, era simile a quello indossato anche nella trasposizi­one televisiva dall’attore Lino Guanciale. E proprio Vincenzo Canzanella, che nel suo atelier a piazza Sant’Eligio custodisce circa 16 mila capi, quando tre mesi fa

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