Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA BOHÈME AL SAN CARLO UN’UTILE LEZIONE DI STILE
Caro direttore, bellissima la Bohème al San Carlo. Dopo due anni finalmente siamo rientrati, con commozione, nel nostro splendente e caro Teatro! Però, perché impedire il foyer a noi abbonati, anima e sostegno fondamentale della sua esistenza? Chiuderlo e riservarlo per il dopo spettacolo agli happy few? Certo che dovevano essere accolti ma si poteva fare una scelta meno scortese! È stata una gaffe in una bella serata.
PCara signora Leonetti, rima di entrare nel merito della sua lettera devo confessarle che tra quegli «happy few» c’ero anch’io. Nonostante, di solito, sia poco incline ad essere «happy» e tantomeno a far parte dei «few». Detto ciò, comprendo le ragioni del suo disappunto. Si poteva evitare quella che definisce una gaffe? Può darsi. Ma è pur vero che organizzare un cerimoniale in luoghi del genere non è semplice. Si rischia sempre di scontentare qualcuno. Su una cosa concordo pienamente con lei: abbiamo assistito a uno spettacolo bellissimo, reso ancora più incantevole dalla meravigliosa regia di Emma Dante. Non sono un melomane e quindi evito di addentrarmi in giudizi musicali. Ma questo particolare allestimento scenico della Bohème dovuto anche al lavoro del sovrintendente Stéphane Lissner e della direttrice generale Emmanuela Spedaliere che sta finalmente riportando il San Carlo ai fasti internazionali che merita - mi è sembrato una lezione di stile che può tornare utile per il futuro. Emma Dante, infatti, ha scelto di rendere aerea l’ingombrante materia di un’opera tra le più celebri del repertorio lirico, riscattandola così dagli stereotipi. Ci ha mostrato quanto poesia e leggerezza possano vincere sulla prosa pesante dei luoghi comuni, come sia necessario alzare lo sguardo (il «colore» della regia si stagliava nei piani superiori della scenografia) per scorgere il vero significato della vita. Con l’elezione a sindaco di Gaetano Manfredi, si apre una nuova stagione. E lo stile con cui tutti noi ci addentreremo in quella che speriamo sia una nuova primavera, sarà fondamentale. Troppo a lungo siamo stati schiacciati dal peso di un «cafonismo» capace esclusivamente di tenere gli occhi incollati al pantano degli interessi personali. Se invece sapremo danzare lievi tra cielo e terra come i due ballerini di questa Bohème, Napoli potrà finalmente tornare a essere sé stessa.