Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«L’abisso», Enia mette in scena al Bellini il suo premiatissimo cunto sugli sbarchi
Premio Ubu come Miglior nuovo testo italiano, Premio Le Maschere del Teatro come Miglior interprete di monologo, Premio Hystrio Twister come Miglior spettacolo della stagione. Basterebbe questo palmarès del 2019 per dire della grande qualità di «L’abisso», il testo scritto, interpretato e diretto da Davide Enia, da stasera alle 20.30 fino a domenica al Bellini. Un ritorno in spolvero quello del «cuntista» palermitano, che porta nella sua esperienza teatrale l’antica maestria dei cantori della sua terra: osservatori e poi narratori degli eventi del loro tempo. E parlando di Sicilia, quale se non i continui sbarchi di uomini, donne e bambini in fuga dagli orrori dei propri paesi? Lo spettacolo è tratto da «Appunti per un naufragio», libro vincitore del Premio letterario internazionale Mondello, in cui l’autore testimonia il suo impatto con questa tragica realtà. «Il primo sbarco – spiega Enia - l’ho visto a Lampedusa assieme a mio padre. Approdarono al molo in tantissimi, ragazzi e bambine, per lo più. Io ero senza parole. Era la Storia quella che ci era accaduta davanti».
Dopo quel primo sbarco, l’attore-narratore ha trascorso molto tempo sull’isola, per raccogliere testimonianze reali, parlare con i pescatori, il personale della Guardia Costiera, i residenti e i medici, i volontari e i sommozzatori, per provare a comprendere fino in fondo per poter meglio raccontare. «Rispetto al materiale che avevo studiato – conclude Enia -, in quello che stavo reperendo di persona c’era una netta differenza: durante i nostri incontri si parlava in dialetto. Si nominavano i sentimenti e le angosce, le speranze e i traumi secondo la lingua della culla, usandone suoni e simboli. In più, ero in grado di comprendere i silenzi tra le sillabe. Perché nel Sud, lo sguardo e il gesto narrano, e in Sicilia “‘a megghiu parola è chìdda ca ‘un si dice”». (s. de st.)