Corriere del Mezzogiorno (Campania)
UN NARCISO CHE CI PORTA ALLA DERIVA
Ma ricorrere a frasi come «siamo in guerra nei confronti di questo governo», evocare «la resistenza e la lotta armata», definire i membri dell’esecutivo nazionale come «dei disturbati mentali, che vanno ricoverati» significa aver imboccato una deriva pericolosissima. Per lui, per la carica che ricopre e per chi ambisce a rappresentare. L’obiettivo è chiaro ed è politicamente sbagliato, ambiguo, privo di orizzonte, soprattutto per il popolo campano e meridionale. Alzare i toni dello scontro con il governo, porre il Mezzogiorno all’opposizione della politica nazionale (Pd compreso), accentuare la frattura territoriale e identitaria rispetto alle altre aree del Paese coltivando e solleticando un rivendicazionismo «sudista», anche nel tentativo di far dimenticare i fallimentari e fumosi bilanci in molti settori del proprio (quasi) decennale governo, diventare il catalizzatore della (eventuale) protesta meridionale e incassare il dividendo del consenso per rilanciare solo sé stesso. Un copione già visto e interpretato da altri personaggi nel recente passato, come l’ex sindaco de Magistris, con esiti disastrosi per la città che paga i danni ancora oggi. Un ribellismo senza prospettiva, alimentato da una radicalizzazione dei linguaggi e dei comportamenti, corroborato da un’accentuata radicalizzazione dell’identità territoriale. La differenza è che oggi, molto più di ieri, questo terreno di coltura rischia di rivelarsi fertile per le sciagurate politiche del governo nel Mezzogiorno, che solo l’inconsistenza e la debolezza dell’attuale opposizione parlamentare ha reso finora incontrastate: dall’autonomia differenziata al prosciugamento del fondo di perequazione e al blocco dei fondi di coesione e sviluppo. È proprio in questo vuoto che si sta inserendo De Luca per giocare la «sua» partita, anche con un linguaggio eversivo, con il ricorso a termini come «guerra» e «lotta armata». È la «sua» partita, beninteso, non quella del Mezzogiorno. Perché il linguaggio eversivo non può e non deve far dimenticare gli scheletri che ha nel suo armadio sull’autonomia differenziata, avendo rincorso fino a qualche anno fa i governatori del Nord nelle identiche richieste. Non può e non deve far dimenticare lo spreco e l’improduttività della spesa dei fondi europei, visto che nessun indicatore socio-economico della Campania è migliorato negli ultimi anni e che tutte le classifiche, nazionali ed europee, sulla qualità della vita e sull’efficienza dei servizi relegano la regione agli ultimi posti.
Non è di un «sudismo» straccione e parolaio che ha bisogno il Mezzogiorno. Non è con nuovi capipopolo che incitano alla rivolta senza un progetto, un progetto capace di parlare e convincere l’intero Paese, che il Sud può arginare e disarticolare l’egemonia settentrionale che dura da oltre trent’anni. Se siamo arrivati a questo, se siamo arrivati al punto che a rappresentare il Mezzogiorno agli occhi del Paese sia un rappresentante istituzionale che parla di «guerra» e di «lotta armata» è anche per le responsabilità dell’intellettualità meridionale che è stata incapace da molti anni di aggiornare il «meridionalismo di pensiero», assecondando invece un «meridionalismo di potere» funzionale solo ai nuovi cacicchi e restando in silenzio, per troppo tempo, di fronte alla torsione monocratica delle forme di governo locale che ha prodotto una forte personalizzazione dei vertici istituzionali e gestioni padronali di ciò che è rimasto dei partiti. È in questo brodo di coltura che emergono e si affermano personaggi come De Luca. Che farebbe bene — dopo le esternazioni di ieri — a ricordare innanzitutto lo stile e la cultura istituzionali che insegnavano alla scuola da cui proviene. E anche a non dimenticare il finale, inequivocabile, del mito di Narciso.