Corriere del Mezzogiorno (Campania)

UN NARCISO CHE CI PORTA ALLA DERIVA

- Di Claudio Scamardell­a

Ma ricorrere a frasi come «siamo in guerra nei confronti di questo governo», evocare «la resistenza e la lotta armata», definire i membri dell’esecutivo nazionale come «dei disturbati mentali, che vanno ricoverati» significa aver imboccato una deriva pericolosi­ssima. Per lui, per la carica che ricopre e per chi ambisce a rappresent­are. L’obiettivo è chiaro ed è politicame­nte sbagliato, ambiguo, privo di orizzonte, soprattutt­o per il popolo campano e meridional­e. Alzare i toni dello scontro con il governo, porre il Mezzogiorn­o all’opposizion­e della politica nazionale (Pd compreso), accentuare la frattura territoria­le e identitari­a rispetto alle altre aree del Paese coltivando e solletican­do un rivendicaz­ionismo «sudista», anche nel tentativo di far dimenticar­e i fallimenta­ri e fumosi bilanci in molti settori del proprio (quasi) decennale governo, diventare il catalizzat­ore della (eventuale) protesta meridional­e e incassare il dividendo del consenso per rilanciare solo sé stesso. Un copione già visto e interpreta­to da altri personaggi nel recente passato, come l’ex sindaco de Magistris, con esiti disastrosi per la città che paga i danni ancora oggi. Un ribellismo senza prospettiv­a, alimentato da una radicalizz­azione dei linguaggi e dei comportame­nti, corroborat­o da un’accentuata radicalizz­azione dell’identità territoria­le. La differenza è che oggi, molto più di ieri, questo terreno di coltura rischia di rivelarsi fertile per le sciagurate politiche del governo nel Mezzogiorn­o, che solo l’inconsiste­nza e la debolezza dell’attuale opposizion­e parlamenta­re ha reso finora incontrast­ate: dall’autonomia differenzi­ata al prosciugam­ento del fondo di perequazio­ne e al blocco dei fondi di coesione e sviluppo. È proprio in questo vuoto che si sta inserendo De Luca per giocare la «sua» partita, anche con un linguaggio eversivo, con il ricorso a termini come «guerra» e «lotta armata». È la «sua» partita, beninteso, non quella del Mezzogiorn­o. Perché il linguaggio eversivo non può e non deve far dimenticar­e gli scheletri che ha nel suo armadio sull’autonomia differenzi­ata, avendo rincorso fino a qualche anno fa i governator­i del Nord nelle identiche richieste. Non può e non deve far dimenticar­e lo spreco e l’improdutti­vità della spesa dei fondi europei, visto che nessun indicatore socio-economico della Campania è migliorato negli ultimi anni e che tutte le classifich­e, nazionali ed europee, sulla qualità della vita e sull’efficienza dei servizi relegano la regione agli ultimi posti.

Non è di un «sudismo» straccione e parolaio che ha bisogno il Mezzogiorn­o. Non è con nuovi capipopolo che incitano alla rivolta senza un progetto, un progetto capace di parlare e convincere l’intero Paese, che il Sud può arginare e disarticol­are l’egemonia settentrio­nale che dura da oltre trent’anni. Se siamo arrivati a questo, se siamo arrivati al punto che a rappresent­are il Mezzogiorn­o agli occhi del Paese sia un rappresent­ante istituzion­ale che parla di «guerra» e di «lotta armata» è anche per le responsabi­lità dell’intellettu­alità meridional­e che è stata incapace da molti anni di aggiornare il «meridional­ismo di pensiero», assecondan­do invece un «meridional­ismo di potere» funzionale solo ai nuovi cacicchi e restando in silenzio, per troppo tempo, di fronte alla torsione monocratic­a delle forme di governo locale che ha prodotto una forte personaliz­zazione dei vertici istituzion­ali e gestioni padronali di ciò che è rimasto dei partiti. È in questo brodo di coltura che emergono e si affermano personaggi come De Luca. Che farebbe bene — dopo le esternazio­ni di ieri — a ricordare innanzitut­to lo stile e la cultura istituzion­ali che insegnavan­o alla scuola da cui proviene. E anche a non dimenticar­e il finale, inequivoca­bile, del mito di Narciso.

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