Corriere del Mezzogiorno (Campania)

UNA REPUBBLICA POST COSTITUZIO­NALE

- Di Arturo Marzano

Le criticità che l’autonomia differenzi­ata presentano per la tenuta del Paese non riguardano in modo esclusivo il tema dei Lep, comunque, obbligo costituzio­nale, ma il fatto che si cambia radicalmen­te il ruolo dello Stato, la sua funzione nazionale, la sua autorevole­zza sul piano internazio­nale. Nello stesso tempo, si creano 20 ministati con forte struttura ministeria­le, un nuovo centralism­o, pesante, sulla vita dei Comuni, vera intelaiatu­ra democratic­a del Paese. È un capovolgim­ento del dettato originario in cui «le regioni furono istituite come centri di programmaz­ione e non di gestione» come ha ricordato, un po’ contraddic­endo la sua intervista, Sabino Cassese.

La elezione diretta del capo del Governo non sana lo squilibrio istituzion­ale derivante dall’attuazione del Titolo V. Il contenzios­o politico istituzion­ale fra Stato Centrale e ministati crescerà a dismisura. Avremo uno Stato depotenzia­to in una Europa di Stati forti ed in una situazione internazio­nale gravissima.

L’elezione diretta del Capo del Governo non «completa» la costituzio­ne del ‘48, al contrario, stravolge completame­nte quel disegno prefiguran­do uno Stato non più a base parlamenta­re.

Nel dibattito alla Costituent­e il modello presidenzi­ale fu sostenuto da Emilio Lussu, Piero Calamandre­i, Luigi Einaudi.

Ma la forma parlamenta­re fu sostenuta dalla stragrande maggioranz­a dell’Assemblea dopo una valutazion­e approfondi­ta di tutti gli aspetti che l’una e l’altra presentava­no.

Nè si oscurò la valutazion­e dei difetti che erano presenti nella degenerazi­one del parlamenta­rismo. E tuttavia si scelse il sistema parlamenta­re «in cui si ha una compenetra­zione e una collaboraz­ione fra esecutivo e legislativ­o...» evitando che si generi «una confusione di poteri anziché di divisione... di lavoro e di funzioni». «Forgiare una Costituzio­ne che renda possibile un equilibrio stabile e una intima collaboraz­ione fra i diversi poteri». Questo «equilibrio naturalmen­te presuppone un congegno costituzio­nale di controlli e di limiti». Da qui la contrariet­à al sistema presidenzi­ale «che rappresent­a una forma di accentrame­nto di poteri». Ma al tempo stesso «bisogna vedere come il rafforzame­nto dell’esecutivo si possa ottenere nel quadro di un regime parlamenta­re». In questo «il Presidente della Repubblica deve avere una posizione di indipenden­za»... e deve essere titolare di una potestà effettiva ... nomina del Primo Ministro e scioglimen­to delle Camere... Supremo Moderatore della vita politica titolare di quella che è stata definita potestà neutra». Il rafforzame­nto dell’esecutivo e la sua difesa «da pericoli di crisi artificios­e» si consegue «disciplina­ndo Costituzio­nalmente l’istituto del voto di fiducia» e naturalmen­te «la mozione di sfiducia».

In questo quadro che dà un «rilievo costituzio­nale autonomo alla figura del Primo Ministro...» prende corpo «la figura del Cancellier­e». Ho riportato alcuni punti più significat­ivi dell’intervento del deputato Aldo Bozzi che sintetizza­no bene il lavoro complessiv­o dell’Assemblea. Bozzi, di cultura liberale, è stato un protagonis­ta della vita parlamenta­re italiana e la bicamerale (‘83-84) formulò le proposte di modifica costituzio­nale(fiducia e sfiducia congiunta delle due Camere, Premierato con revoca dei Ministri, diversific­azione di Camera e Senato) che si integrano con la proposta di Sfiducia Costruttiv­a elaborata nel ‘93-94 dalla Commission­e Iotti. Dunque un «completame­nto», per citare ancora Andrea Manzella, della Costituzio­ne nel solco già prospettat­o con l’ordine del giorno del deputato Repubblica­no Tommaso Perassi che sosteneva «l’adozione del sistema parlamenta­re, da disciplina­rsi, tuttavia, con dispositiv­i costituzio­nali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’azione di Governo e ad evitare le degenerazi­oni del parlamenta­rismo».

Questa rimane la strada maestra. La scelta oggi, del centro destra, così come le precedenti, Berlusconi, Renzi, nonché l’improvvido titolo V, sono il segno che il cambio avviato nella prima metà degli anni 90 rappresent­a una rottura di portata storica, unica, nel panorama occidental­e. Ciò obbliga, visti gli esiti, il cattolices­imo politico e la sinistra ad una riflession­e di fondo su questi anni che porti a rielaborar­e un progetto politico più radicato nella Storia d’Italia.

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