Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Processo Galileo» due lucide regie per interrogare scienza e potere
«Gli uomini avevano davanti agli occhi solo il giorno della loro morte, e io li ho liberati… Non c’è un’altra strada, solo questa: più luce più luce più luce…». Sono le icastiche parole che afferma a un tratto il protagonista di «Processo Galileo», al Mercadante fino a domenica. Ed è bene precisare «non a Galileo», perché lo scienziato pisano nel complesso eppure lucidissimo allestimento diretto a due mani da Andrea De Rosa e Carmelo Rifici, diventa sinonimo di inesausta ricerca verso dimensioni della conoscenza sempre ulteriori, e in quanto tali sempre più ingovernabili. Perché nel testo scritto, anche questo a due mani, da Angela Demattè e Fabrizio Sinisi, il cuore del problema è il rapporto fra scienza e potere della politica, cercando di intercettare i possibili reciproci limiti. Materia per certi versi inestricabile, che lo spettacolo pone come sempre più stringente questione dell’umano, dipanata in tre momenti: il passato storico impersonato dalla vicenda che portò all’abiura sulla scoperta della centralità del sole, il presente con il ridisegno della relazione di cui sopra, il futuro come ruolo di un’immaginazione possibile ma anche minacciosa. Perché se è vero che «Galileo non si può fermare», come afferma ancora lo scienziato, sovrapponendo il suo nome al senso dell’inarrestabile progresso, è altrettanto vero che il mostro è sempre in agguato, inesorabile come lo fu l’atomo a Hiroshima o il napalm in Vietnam. E nell’intreccio saggistico, proposto dalla doppia regia, va sottolineata la qualità degli attori, da Luca Lazzareschi e Milvia Marigliano fino ai più giovani Isacco Venturini, Catherine Bertoni de Laet, Giovanni Drago e Roberta Ricciardi, capaci di non perdersi nelle spire di un’indefinita dimensione spaziotemporale.