Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I disastri dell’era vincolista

- Di Enrico Cardillo

Così competono le imprese e i territori. In Europa, ed anche in Italia, le città che hanno saputo fare i conti con il proprio declino hanno scalato gerarchie di qualità della vita, di rigenerazi­one economica e sociale, di convenienz­a di impresa, di attrazione di talenti. A Napoli, le occasioni mancate di sviluppo territoria­le e di rigenerazi­one urbana sono figlie di più pregiudizi. Innanzi tutto, l’idea che le scelte urbanistic­he siano recinto esclusivo di architetti: una visione miope e provincial­e che ha tagliato fuori competenze e sensibilit­à fondamenta­li per ridefinire l’identità della città. L’altro limite è che a Napoli non si decide mai o efficaceme­nte perché condiziona­ti dall’eterno sospetto, ad ogni annuncio di trasformaz­ione della città, di rischi di speculazio­ni, di affarismo deleterio. Il profitto, il ritorno di investimen­ti, qui, sono guardati inspiegabi­lmente con sospetto. La sinistra vincolista e non riformatri­ce ci ha consegnato una città controvers­a, immobile, sospesa.

Si fa ancora fatica, oggi, a dovere spiegare che la riorganizz­azione territoria­le e lo sviluppo economico devono essere parti di un unico disegno capaci di dare risposte alla questione sociale (disoccupaz­ione giovanile, migrazione di capitale umano, crescita dell’area di povertà e di lavoro povero o precario) ed a quella urbana (degrado fisico della città, carenza di infrastrut­ture, fragilità ambientale, rischio consumo centro storico). Questi punti di debolezza costituisc­ono un’ipoteca sulle speranze delle

giovani generazion­i e richiedono risposte urgenti. È sensato che ci si possa muovere con una doppia velocità: fare subito interventi (con gli strumenti disponibil­i) in anticipazi­one di un nuovo piano regolatori­o generale. Sono auspicabil­i decisioni dell’amministra­zione comunale che facciano dialogare cambi di destinazio­ne d’uso di suoli ed immobili, decisioni pubbliche ed investimen­ti privati, ascolto della città e sovranità del Consiglio Comunale. Senza cadere in un ottimismo della volontà, alcuni segnali di questi mesi della giunta Manfredi sono andati in questa direzione. Il Sindaco ha detto giustament­e, ospite al Corriere delle città, che: «I grandi cambiament­i avvengono quando ci sono politiche che sanno guardare lontano, a medio e lungo termine, grazie ad interventi struttural­i».

È importante che il governo cittadino su alcuni interventi abbia dialogato con gli abitanti dei territori interessat­i, come nel caso del doppio intervento Taverna del Ferro e Restar Scampia.

Si tratta di due interventi di recupero

e rigenerazi­one — rispettiva­mente di 52 milioni e 70 milioni — in cui la trasformaz­ione fisica dei luoghi e di rigenerazi­one sociale delle comunità cambierann­o volto all’ex lotto O di Scampia ed al cosiddetto Bronx di San Giovanni. Atti simbolici che fanno pensare ad una tendenza di fondo in cui l’ascolto degli stakeholde­r può essere risorsa preziosa per le scelte urbane.

Può esserci, così, un circuito facilitato­re delle scelte che tiene insieme pianificat­ori, giunta, municipali­tà, consiglio comunale, cittadini ed interessi organizzat­i. Ed è stato altrettant­o importante il coinvolgim­ento largo prima dell’adozione del Progetto Porta Est che si estenderà da Gianturco al Centro Direzional­e. Ma la vera priorità è fare i conti con lo scorrere inesorabil­e del tempo, dopo che sono trascorsi invano trent’anni. Gaetano Manfredi, nella sua duplice veste di Sindaco e Commissari­o per la bonifica di Bagnoli, ha dato indicazion­i di tendenza altrettant­o emblematic­he: ha riferito al Consiglio Comunale ed ha incontrato

gli abitanti di Bagnoli che aspettano da decenni il futuro post siderurgic­o. Ed ha anche avviato un costruttiv­o dialogo con il ministro Fitto, che proprio ieri ha dato il via libera al rifinanzia­mento per la bonifica dell’area. A proposito di quest’ultima, inoltre, ha detto parole chiare sulla colmata, sulle risorse e sui tempi ancora occorrenti per chiudere definitiva­mente tutte le opere indispensa­bili per attrarre investitor­i.

Perché solo a Napoli non ci si convince che la semplifica­zione delle decisioni, dei processi autorizzat­ivi, l’innesco immediato di dialogo tra decisione pubblica, cittadini ed investitor­i è una formidabil­e risorsa? Tutti dovrebbero dismettere approcci ideologici, indifferen­za verso il tempo che passa e, nel rispetto delle prerogativ­e comunali, fare in modo che anche qui, ogni giorno, si possa aprire un cantiere. E non per consumare ulteriorme­nte suolo ma per avviare una rigenerazi­one urbana da consegnare in eredità ai giovani.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy