Corriere del Mezzogiorno (Campania)
I disastri dell’era vincolista
Così competono le imprese e i territori. In Europa, ed anche in Italia, le città che hanno saputo fare i conti con il proprio declino hanno scalato gerarchie di qualità della vita, di rigenerazione economica e sociale, di convenienza di impresa, di attrazione di talenti. A Napoli, le occasioni mancate di sviluppo territoriale e di rigenerazione urbana sono figlie di più pregiudizi. Innanzi tutto, l’idea che le scelte urbanistiche siano recinto esclusivo di architetti: una visione miope e provinciale che ha tagliato fuori competenze e sensibilità fondamentali per ridefinire l’identità della città. L’altro limite è che a Napoli non si decide mai o efficacemente perché condizionati dall’eterno sospetto, ad ogni annuncio di trasformazione della città, di rischi di speculazioni, di affarismo deleterio. Il profitto, il ritorno di investimenti, qui, sono guardati inspiegabilmente con sospetto. La sinistra vincolista e non riformatrice ci ha consegnato una città controversa, immobile, sospesa.
Si fa ancora fatica, oggi, a dovere spiegare che la riorganizzazione territoriale e lo sviluppo economico devono essere parti di un unico disegno capaci di dare risposte alla questione sociale (disoccupazione giovanile, migrazione di capitale umano, crescita dell’area di povertà e di lavoro povero o precario) ed a quella urbana (degrado fisico della città, carenza di infrastrutture, fragilità ambientale, rischio consumo centro storico). Questi punti di debolezza costituiscono un’ipoteca sulle speranze delle
giovani generazioni e richiedono risposte urgenti. È sensato che ci si possa muovere con una doppia velocità: fare subito interventi (con gli strumenti disponibili) in anticipazione di un nuovo piano regolatorio generale. Sono auspicabili decisioni dell’amministrazione comunale che facciano dialogare cambi di destinazione d’uso di suoli ed immobili, decisioni pubbliche ed investimenti privati, ascolto della città e sovranità del Consiglio Comunale. Senza cadere in un ottimismo della volontà, alcuni segnali di questi mesi della giunta Manfredi sono andati in questa direzione. Il Sindaco ha detto giustamente, ospite al Corriere delle città, che: «I grandi cambiamenti avvengono quando ci sono politiche che sanno guardare lontano, a medio e lungo termine, grazie ad interventi strutturali».
È importante che il governo cittadino su alcuni interventi abbia dialogato con gli abitanti dei territori interessati, come nel caso del doppio intervento Taverna del Ferro e Restar Scampia.
Si tratta di due interventi di recupero
e rigenerazione — rispettivamente di 52 milioni e 70 milioni — in cui la trasformazione fisica dei luoghi e di rigenerazione sociale delle comunità cambieranno volto all’ex lotto O di Scampia ed al cosiddetto Bronx di San Giovanni. Atti simbolici che fanno pensare ad una tendenza di fondo in cui l’ascolto degli stakeholder può essere risorsa preziosa per le scelte urbane.
Può esserci, così, un circuito facilitatore delle scelte che tiene insieme pianificatori, giunta, municipalità, consiglio comunale, cittadini ed interessi organizzati. Ed è stato altrettanto importante il coinvolgimento largo prima dell’adozione del Progetto Porta Est che si estenderà da Gianturco al Centro Direzionale. Ma la vera priorità è fare i conti con lo scorrere inesorabile del tempo, dopo che sono trascorsi invano trent’anni. Gaetano Manfredi, nella sua duplice veste di Sindaco e Commissario per la bonifica di Bagnoli, ha dato indicazioni di tendenza altrettanto emblematiche: ha riferito al Consiglio Comunale ed ha incontrato
gli abitanti di Bagnoli che aspettano da decenni il futuro post siderurgico. Ed ha anche avviato un costruttivo dialogo con il ministro Fitto, che proprio ieri ha dato il via libera al rifinanziamento per la bonifica dell’area. A proposito di quest’ultima, inoltre, ha detto parole chiare sulla colmata, sulle risorse e sui tempi ancora occorrenti per chiudere definitivamente tutte le opere indispensabili per attrarre investitori.
Perché solo a Napoli non ci si convince che la semplificazione delle decisioni, dei processi autorizzativi, l’innesco immediato di dialogo tra decisione pubblica, cittadini ed investitori è una formidabile risorsa? Tutti dovrebbero dismettere approcci ideologici, indifferenza verso il tempo che passa e, nel rispetto delle prerogative comunali, fare in modo che anche qui, ogni giorno, si possa aprire un cantiere. E non per consumare ulteriormente suolo ma per avviare una rigenerazione urbana da consegnare in eredità ai giovani.