Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Enzo d’Errico LE TANTE VOCI DI NAPOLI AL FESTIVAL DI

- Mariano Desiderio

Caro direttore,

c’è stata molta Napoli a Sanremo quest’anno. La mamma di Giovanbatt­ista Cutolo, innanzi tutto, il pop dei The Kolors, i protagonis­ti di Mare Fuori e il rap di Geolier. Ma è la Napoli dolente o quella delle canzonette, del cinema e delle fiction quella che andrebbe esportata davvero?

Caro signor Desiderio,

Voglio essere sincero: non amo il festival di Sanremo. Lo guardo poco e m’interessa ancora meno. Snobismo? No, più banalmente mi annoia, forse perché non prediligo quel tipo di musica. Detto ciò, riconosco che si tratta di una data da cerchiare nel calendario del costume nazionale e quindi cerco di tenermi informato, casomai dando un’occhiata, sul sito del Corriere, alle scene salienti. Le cerimonie rituali, anche le più futili, riflettono sempre lo spirito del tempo e dunque, nell’anno della sua esaltazion­e mediatica, Napoli era «condannata» a farla da padrone anche nella patria del ritornello tricolore. E non mi stupisce che a disegnarne l’immagine siano stati chiamati protagonis­ti tanto diversi l’uno dall’altro. La nostra città, nonostante i colpi che il turismo di massa e il malgoverno del territorio le hanno inferto, rimane tuttora inafferrab­ile, irriducibi­le a una sola dimensione. Napoli è irracconta­bile. Puoi afferrarne un lembo, sollevarlo e portare allo scoperto un pezzo, soltanto uno, che difficilme­nte combacerà con un altro. Eppure entrambi avranno la loro quota di verità, entrambi suoneranno la nota giusta in un’armonia molto più complessa. L’abbiamo già scritto tante volte: la contaminaz­ione è il dna di un’identità culturale che s’incarna da secoli nella struttura sociale e urbanistic­a di una metropoli che, in Italia, non ha termini di paragone. Nessuno mai potrà racchiuder­ne i mille segni in una sola fotografia, nessun grandangol­o riuscirà mai a contenere l’infinito perimetro dei contrasti che, malgrado tutto, rendono viva questa comunità. Allora ben vengano il pop consumisti­co di The Kolors e il rap addomestic­ato di Geolier, il meritato successo di Mare Fuori e il dolore inestingui­bile della madre di Giovanbatt­ista Cutolo. Hanno lo stesso diritto d’asilo riconosciu­to ai maestri: Paolo Sorrentino, Mario Martone, Toni Servillo, Sophia Loren, Maurizio de Giovanni, Massimo Ranieri e, andando indietro nel tempo, Eduardo, Totò, Peppino, Raffaele Viviani, Pino Daniele ed Enrico Caruso, solo per citarne alcuni. Abitiamo un luogo fondato sulla molteplici­tà delle voci, abituato a includere e non a escludere. Quest’antico impasto di voci, storie, incubi e sogni si chiama Napoli.

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