Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pulp Fiction targato quaquà
Niente di strano che si possa cambiare idea all’ultimo momento (perché può succedere, quando si entra nel vivo di una performance, di sentirsi incompatibili con la messa in scena; e non è improbabile che Travolta abbia patito un effetto collaterale da numero di villaggio vacanze), ma a quel punto la polemica si gonfia come un soufflé e vira, seguendo una collaudata modalità di gossip da social network, sul compenso ricevuto dall’attore per la partecipazione al festival.
Qualcuno (non si sa mai chi sia, questo qualcuno) parla di un milione di euro. Altri lo accusano (e con lui il festival) di aver pubblicizzato in modalità occulta le scarpe che indossava sul palco. Dal festival arriva la smentita: «Travolta è venuto a rimborso spese» (il che è abbastanza sconcertante: io, se fossi John Travolta, mi farei pagare eccome, per andare a un festival che fa dieci milioni di spettatori a serata); la Rai esclude ogni accordo promozionale con l’azienda che produce le calzature incriminate. Insomma, pare che la polemica sia destinata a ridursi a un cumulo di fregnacce (che adesso si chiamano fake news), dunque a una notizia di nessun interesse amplificata da dettagli irrilevanti.
È invece interessante la caduta (di stile) sul denaro, ciliegina sulla torta del pettegolezzo. A cosa mirava il gossip? A condannare il divo per mancato ballo del quaquà nonostante il lauto compenso ricevuto? Qual è il moralozzo fondante, «Hai preso i soldi, quindi devi acconsentire a ogni richiesta, e metterti anche il cappellino a becco d’anatra?».
Sta soffiando un moralismo dell’ultimissima ora, fastidiosamente ipocrita, che chiama in causa il denaro a scopo di colpevolizzazione, quasi fosse immorale pagare l’ospitata di un attore dal successo mondiale in un festival nazionalpopolare da milioni di spettatori, quando assistiamo a ben altre forme di arricchimento di cui nessuno si scandalizza.
A sabato prossimo.
"John Travolta Sta soffiando un moralismo dell’ultimissima ora, fastidiosamente ipocrita, che chiama in causa il denaro a scopo di colpevolizzazione, quasi fosse immorale pagare un attore dal successo mondiale in un festival nazional popolare