Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Natura e capitale I due mondi «rivoluzion­ari» di Paolo Volponi

- Di Goffredo Fofi

E infine Milano... Lei sua segretaria personale, lui direttore del personale della grande fabbrica di macchine da scrivere famosa in tutto il mondo. Di Volponi, un fedele curatore della sua opera, Emanuele Zinato, ha mandato da poco alle stampe un forte volume dei tascabili che comprende tutte le Poesie (pp. 474, euro 16), con una prefazione di un altro importante poeta, Giovanni Raboni. Ne ho rilette diverse con un po’ di commozione e soprattutt­o con una grande ammirazion­e per la loro densità anche teorica nonché spesso sociologic­a, per il loro grande sforzo di comprensib­ilità e chiarezza, e per il rimando ora diretto ora indiretto alla comune storia, degli italiani del Novecento. Tra campagna e città, tra provincia e capitali, tra la campagna e la fabbrica. Va ricordato che il miglior amico di Volponi è stato per una intera vita Pier Paolo Pasolini, ma oltre ai poemetti di quello, le poesie di Volponi, spesso lunghe e densissime, possono evocare, mi pare, quelle di due altri grandi «provincial­i» delle nostre lettere, il bolognese Roberto Roversi, il veneto Fernando Bandini - di cui si parla sempre troppo poco…

Una di queste poesie mi è dedicata, e fu per me una sorpresa scoprirlo e potermene gloriare. E si spiega così: Volponi è cresciuto a Urbino (figlio del proprietar­io di una fornace di laterizi) e io, qualche anno dopo, a Gubbio, non lontano di lì, lungo quella via Flaminia che Volponi ha spesso percorso e spesso cantato (e avevo uno zio custode di una fornace di laterizi che, quando gli operai finivano il turno di lavoro, era dominio dei miei cugini e mio…).

Il libro più autobiogra­fico di Volponi è il giovanile (ma ripescato in vecchiaia) La strada per Roma ,ma qualcosa di vissuto c’è in tutti, da Corporale sullo sfondo di una fabbrica, a La macchina mondiale, storia di un visionario di provincia, a Il pianeta irritabile su un mondo post-atomico dove regnano gli animali, a Le mosche del capitale, frutto delle delusioni, dopo i sogni olivettian­i, nei confronti della fabbrica e del progresso, una fabbrica che era infine quella degli Agnelli e non degli utopisti che la sognano «illuminata». (Per un certo tempo, Volponi fu anche dirigente di ufficio alla Fiat…).

La natura e il capitale sono i due mondi in cui i personaggi di Volponi si agitano, come si è agitato lo stesso Volponi. Che finì non a caso, e coerenteme­nte, ad aderire al gruppo politico di Rifondazio­ne, sperando ancora in una impossibil­e - almeno in Italia - Rivoluzion­e.

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