Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«’Na Santarella» di Di Palma, espressività a tinte forti
Era dai tempi di Mario Scarpetta, che il repertorio del suo illustre avo Eduardo non trovava una necessaria continuità registica. Messe in scena tante, da Cirillo a Melchionna, ma sporadiche, disseminate qua e là senza un progetto di lunga lena che le accompagnasse nel tempo. Ebbene «’Na Santarella», all’Augusteo fino a oggi alle 18, conferma invece che Claudio Di Palma il progetto su Scarpetta ce l’ha e come. La sua regia è infatti un ritorno al maestro del «Qui rido io», dopo aver proposto due anni or sono un «Un medico dei pazzi», spostato nel tempo e nei luoghi. Stavolta il regista napoletano appare meno radicale nel dirigere la commedia che dà il nome a un tratto della vomerese via Sanfelice, ma non mancano certo spunti di interesse che oltre a qualche citazione contemporanea – su tutte quella di Andò direttore del Teatro del Fondo (l’ex Mercadante) – punta molto sulla sospensione dell’azione in un campo neutro fra naturalismo e simbolismo, in cui a tratti fa capolino una sorta di colorato espressionismo partenopeo. Che speriamo Di Palma possa presto riproporre in una terza prova di conferma, che riparta dalle scene essenziali di Luigi Ferrigno e dai costumi rielaborati (specie quelli delle monache in rosso) di Annamaria Morelli. Infine ritmi e tonalità giuste per tutta la compagnia, nel rileggere la vicenda della doppia personalità della protagonista (fanciulla pia e «diavula»), con in testa i fratelli Massimo e Angela De Matteo (foto Abet), lei molto brava anche nelle parti cantate composte in stile Weill da Paolo Coletta), ovvero don Felice e Santarella, passando poi per la vivace madre superiora di Chiara Baffi, l’ambiguo conte Porretti di Peppe Miale e l’irruento maggiore Cannone di Giovanni Allocca.