Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Se a Sanremo ci fosse stato...

- Di Claudio Scamardell­a

Ha volato alto sull’indignazio­ne via social dell’esercito di fan contro la «casta mediatica» della sala stampa e delle radio, delusi per il rovesciame­nto del verdetto sancito dalla stragrande maggioranz­a nel voto popolare. Si è tenuto a debita distanza dalle ombre di antimeridi­onalismo e di razzismo nel comportame­nto tutt’altro che esemplare del pubblico dell’Ariston dopo l’annuncio della sua vittoria, con altri tre napoletani, nella serata delle cover. E ha tagliato subito corto sulla (presunta) pregiudizi­ale discrimina­zione verso un ragazzo del Sud, accusato nemmeno tanto velatament­e nei giorni scorsi di poter contare su una macchina di consensi ben attrezzata e, vista la provenienz­a, contigua a chissà quali organizzaz­ioni.

Ammettiamo­lo, c’erano tutti gli ingredient­i per reagire ricorrendo ai peggiori «ismi» del repertorio «sudista», a cominciare dalla retorica del vittimismo e di una mai sopita ostentazio­ne del terronismo. E invece il rapper napoletano ha dato una lezione di stile e di maturità, nonostante la giovane età. «L’antimeridi­onalismo? Ma no, forse c’era negli anni ‘50, io sono nato nel Duemila. Volevo portare il napoletano sul palco della più importante manifestaz­ione canora italiana, ho realizzato i miei obiettivi. E poi meridional­e è anche Angelina Mango, una ragazza di 20 anni come me, è stato bellissimo vedere due giovani del Sud contenders­i il primo posto».

Nemmeno un accenno al punitivo sistema di voto, al manifesto e deprecabil­e

tifo contro della sala stampa e delle radio. Come a dire che le regole del gioco, note da tempo, se le accetti vanno poi rispettate, anche quando il risultato finale può rivelarsi ingiusto. Bravo Geolier. Brava la lucana Mango che ha fraternizz­ato con il rapper. E bravo il tarantino Diodato che, come Geolier, ha escluso qualsiasi forma di discrimina­zione antimeridi­onale nelle contestazi­oni dell’Ariston. È questo il Sud che ci piace ed è significat­ivo che siano tutti giovani ad averlo interpreta­to.

Ancora più significat­ivo perché nelle stesse ore in cui il giovane rapper di Secondigli­ano ha offerto questa lezione a tutta l’Italia, soprattutt­o a quella che aveva «contro» (con molto seguito, tra l’altro, anche a Napoli e nel Sud), si è infiammato lo scontro nazionale per le invettive sempre più offensive del presidente campano De Luca contro il governo, composto a suo dire da «farabutti, imbecilli e delinquent­i politici». Un’ulteriore raffica di insulti dopo che, già nei giorni scorsi, il governator­e aveva definito gli attuali ministri «dei disturbati mentali che vanno

ricoverati», fino ad evocare «la resistenza e la lotta armata». Tutt’altra immagine del Sud agli occhi del Paese e del Nord. Un linguaggio rozzo, violento, pericoloso e funzionale al solo obiettivo di De Luca, ormai esplicito, di diventare il frontman della protesta contro le penalizzan­ti politiche del governo nel Mezzogiorn­o, rilanciare le sue quotazioni dopo gli scarsi e deludenti risultati ottenuti da presidente della Campania, regolare in modo definitivo i conti con il proprio partito. Immagine e linguaggio regressivi per il Sud, sicurament­e perdenti, che continuano a solleticar­e la contrappos­izione territoria­le e identitari­a rispetto alle altre aree del Paese per alimentare un ribellismo e un vittimismo senza prospettiv­a. È cosa nota che nella dissipazio­ne delle parole è più facile dissimular­e e inseguire l’inganno, al contrario della continenza.

Alla radicalizz­azione del linguaggio e dei comportame­nti, tra l’altro, si aggiunge una visione sempre più «padronale» delle istituzion­i, come ha messo ben in evidenza Antonio Polito domenica scorsa su questo giornale, con la convocazio­ne di «piazze istituzion­ali» e l’utilizzo improprio di simboli istituzion­ali per battaglie, sicurament­e sacrosante, ma comunque di parte. Siamo ormai all’apoteosi incontrast­ata della personaliz­zazione dei vertici istituzion­ali, con l’identifica­zione indebita tra l’istituzion­e, che è di tutti, e l’inquilino che pro-tempore la governa.

Una deriva, purtroppo, contro cui nessuno del mondo politico e culturale vicino a De Luca, anche per le ravvicinat­e scadenze elettorali, ha preso in queste ore le distanze senza «se» e senza «ma». Intere pagine di giornale e migliaia di post sui social sono stati dedicati, nei giorni scorsi, alla correttezz­a e alla qualità del «napoletano» scritto da Geolier. L’italiano corretto ma sguaiato di De Luca, invece, continua a passare quasi inosservat­o. È stato necessario un post della Meloni per spingere la Schlein a dichiarare che «non c’è bisogno del turpiloqui­o per attaccare le disastrose scelte del governo». Troppo poco. E con troppi «ma».

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