Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il dilemma di Adl
Andò a scovare Arrigo Sacchi, si inventò Capello allenatore, fu con lui che Ancelotti si tolse di dosso la patina di perdente. L’ultimo benificiato è stato Palladino al Monza.
Anche De Laurentiis ha avuto illuminanti intuizioni: Sarri così come Spalletti che era accompagnato da un’aura di sconfittismo. «Apocalypto», film di Mel Gibson, resta molto distante dall’Elogio della follia. È una battaglia per difendere la propria famiglia ai tempi della civiltà Maya. È un gusto più da conservatore quale in fondo è il signor De Laurentiis. Che adesso si ritrova di fronte a un dilemma mica da ridere, perché in ballo ci sono tanti milioni di euro.
Il dilemma è se proseguire con Walter
Mazzarri o provare un terzo allenatore proprio come avvenuto a Bari. La discussione in seno al Napoli c’è. Perché se è vero che fin qui la stagione è stata largamente insufficiente (nono posto in classifica, Garcia è stato esonerato col Napoli quarto), c’è ancora la possibilità di raddrizzarla. Ci sono gli ottavi di finale di Champions contro il Barcellona che sta messo quasi peggio degli azzurri: domenica sera ha pareggiato 3-3 in casa contro il Granada penultimo in classifica e in tribuna il presidente Laporta per la rabbia ha scaraventato a terra le tartine.
Battere ed eliminare il Barcellona vorrebbe dire quarti di finale di Champions e avvicinarsi al Mondiale per club. La Champions è come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump: non sai mai quello che ti può capitare. Se elimini il Barcellona, magari poi ti capita il Dortmund. Vai in semifinale e anche al Mondiale. La stagione cambia da così a così. Improvvisamente diventi il più figo del bigoncio, altro che presidente alla
deriva.
La domanda che si rincorre nel Napoli è: con Mazzarri quante chance abbiamo di eliminare il Barcellona? Fin qui, come ampiamente prevedibile, il toscano è stato un mezzo disastro. Domenica sera ha fatto giocare Zielinski provocando attacchi epatici di non poco conto in Filmauro. In campionato ha battuto solo squadre in zona retrocessione, tranne la prima con l’Atalanta. E in Supercoppa ha superato la Fiorentina col vecchio catenaccio e contropiede. Fin qui il rimedio (Mazzarri) è stato di gran lunga peggiore del male (Garcia). Basterà il ritorno di Osimhen a invertire il trend? De Laurentiis non può che augurarselo, non può che scommettere sulla forza del Napoli. Non ha altra scelta. Non ha un nome tra le mani e non ama l’azzardo. Ma è consapevole che se nulla dovesse cambiare, se si fallisse col Barcellona e l’aggancio al quarto posto, l’unico responsabile sarebbe lui. Non potrebbe certo convocare un’altra conferenza stampa e prendersela con Spalletti.
Ci vorrebbero intuito, coraggio e quella follia erasmiana che tanto affascinava l’uomo di Arcore. De Laurentiis ha altri meriti. È uomo accorto. Non fa mai il passo più lungo della gamba. Da un lato prova con orgoglio a difendere i propri innumerevoli errori, dall’altro gli scende la lacrimuccia nel vedere il pacco di soldi del Mondiale per club che si allontana e gli fa ciao ciao con la manina.
È una situazione molto simile a quella di tre anni fa. Quando, con Gattuso in panchina, dopo la sconfitta a Verona, alzò il telefono e chiamò Benitez. Era tutto pronto per riportarlo a Napoli. Non se la sentì. Rimase Ringhio con cui non si parlava più. E il Napoli ingranò una serie di vittorie ma sul più bello, all’ultima giornata, pareggiò in casa col Verona e perse la Champions. Una parte di sé sa bene che nella città di Giambattista Vico è probabile che la storia si ripeta. Dall’altra vorrebbe tanto essere un imprenditore in grado di strambare. Ma non si può forzare la propria natura.