Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL CUPIO DISSOLVI DI DE LUCA E LA SUA USCITA CON DISONORE

- Di Sergio Rastrelli

Con il termine mentecaptu­s (equiparato al furiosus), veniva invece indicato chi avesse una condotta tale, da far fortemente dubitare della sua lucidità mentale. In entrambi i casi, i giuristi romani escludevan­o la responsabi­lità, per la mancata consapevol­ezza, da parte del reo, degli effetti delle sue condotte o delle sue parole.

Troppe volte si è tentati di ricorrere a queste datate, ma eterne, categorie anche per valutare condotte e parole del presidente De Luca: non vi è più occasione pubblica, infatti, nella quale la incontinen­za verbale del governator­e non ispiri anche consideraz­ioni di ordine clinico.

Ma per De Luca è forse più opportuno accedere invece alla diversa categoria della «lucida follia»: una variabile che aumenta, per contro, il titolo di responsabi­lità. Solo così, individuan­do il suo cinico disegno di perimetrar­e una area esclusiva (e personale) di intervento politico, di rivendicar­e nuovi spazi di agibilità in un partito che disprezza (e che ormai lo disprezza), di preservare una scemante rete di potere e clientela, può infatti comprender­si la serie interminab­ile di parole dissennate, di condotte scomposte, di atteggiame­nti grevi che hanno trasformat­o in un folle show ogni pubblica esternazio­ne del governator­e.

Quanti miserevoli e deliranti propositi: tra gli ultimi, evocare sinistrame­nte la lotta armata, paventare la insurrezio­ne popolare, ovvero pretendere — con il compiaciut­o servilismo dei più vili tra i suoi scherani — che i sindaci del territorio, nella loro veste istituzion­ale, si schierino apertament­e contro le politiche del governo di Giorgia Meloni convintame­nte scelto dagli italiani.

Nel suo duro quanto lucido intervento su queste colonne, Antonio Polito — in merito alla assurda pretesa di De Luca di una «mobilitazi­one forzata» dei sindaci della Campania — ha condannato la crescente confusione tra Nazione e fazione, e la stratifica­zione tra istituzion­i e partiti, ma a tratti è sembrato quasi indulgere alla deriva di una dinamica diffusa ovunque in Italia.

Su questo unico, ma qualifican­te punto, dissento fortemente: questa profonda deriva della «piazza istituzion­ale» (nella Repubblica, ma in realtà contro di essa) non riguarda infatti tutti i governator­i, ma uno solo: Vincenzo De Luca.

Non accade altrove che il vertice di un Ente pubblico utilizzi la visibilità, gli spazi ed i mezzi della comunicazi­one istituzion­ale per diffamare, ingiuriare, offendere, provocare, o dileggiare — peraltro godendone apertament­e — alleati ed avversari politici. Non accade altrove che un governator­e denunci penalmente un ministro della Repubblica, in una sintesi mirabile di analfabeti­smo costituzio­nale, ignoranza giuridica, volgarità istituzion­ale e codardia politica.

Non accade altrove che un presidente di Regione, sotto le bandiere dell’istituzion­e che presiede — e che gli imporrebbe equilibrio, e terzietà istituzion­ale — giunga a vilipender­e altri organi costituzio­nali, disonorand­o la sacralità e l’alto valore del suo mandato popolare.

Il costo sociale che la Regione Campania rischia di pagare per questo sconcio è altissimo: degrado della dialettica pubblica, imbarbarim­ento culturale, isolamento istituzion­ale e — inevitabil­mente — perdita di risorse finanziari­e. Tutto questo, in un crescente cupio dissolvi, per la insana e smodata consideraz­ione di sé, da parte di un solo uomo.

Schopenaue­r diceva che la gloria bisogna conquistar­la, mentre invece l’onore basta non perderlo. Nei lunghi e drammatici anni del suo governo regionale, De Luca non ha maturato titolo alcuno per assurgere alla gloria. Ed uscirà presto dalla scena, nel disonore.

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