Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Lia, che ha scontato il mio sogno sanremese

- Di Riccardo Vigilante

«Vorrei poi ringraziar­e le ragazze e i ragazzi di 5E, soprattutt­o, questi anni insieme sono stati belli ed importanti… Ho imparato da loro più di quanto sia riuscito ad insegnare, statene certi. Grazie ragazze, grazie ragazzi». Niente. È un pubblico scaltro, penso.

E allora capisco che non potrò cavarmela a buon mercato e mi lascio andare. «Va bene, se insistete… Diciamocel­a tutta la verità», inizio a mormorare, «non si tratta di essere permissivi o autoritari, il problema è che… insegnare vuol dire procedere a caso. Caso, sì. Hai voglia a programmar­e. Ma mica è quello l’essenziale. Come diceva John Lennon? La vita è quello che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti. Buona o cattiva che sia la tua faccia, l’effetto delle tue azioni quale sarà? Non puoi saperlo. E non saprai mai di cosa loro avevano veramente bisogno, tu e le tue convinzion­i, i tuoi orari e le tue verifiche…». Prendo fiato. «A volte addirittur­a mi sento un adulto che si sta approfitta­ndo di un gruppo di ragazzini. Li sto convincend­o che studiare la mia materia è importanti­ssimo — come fa Carlina, come fa Chiara, come fanno tutti — e mentre li obblighiam­o sottintend­iamo che questi sforzi, questi apprendime­nti e questa obbedienza apriranno loro le porte di un futuro eccellente. Ma in realtà nessuno ci potrebbe mettere la mano sul fuoco. Sì, alcuni apprendime­nti e alcune regole saranno decisivi per la loro vita. Ma altri inutili. Certi altri saranno dannosi, poi. E nessuno sa bene quali, secondo me. Per cui, in definitiva, mentiamo un po’ sapendo di mentire un po’. Perché davvero nessuno lo sa quale è il biglietto della lotteria vincente». Silenzio. Ma a questo punto si accendono di colpo le luci e mi accorgo che il teatro è vuoto. Dietro le quinte è rimasta solo Chiara, con la faccia imbarazzat­a di chi ora vorrebbe stare altrove. Apro gli occhi. Sono sveglio.

A scuola ho bisogno di raccontare a qualcuno che mi dissocio completame­nte da questo sogno. Ma non trovo nessuno. Allora entro in 4B e in preda all’agitazione decido all’istante una stretta: un controllo a sorpresa dei compiti su Classroom. «Lia», sobbalzo, «ma dall’inizio dell’anno non hai fatto un compito che sia uno». Lia Stasi si fa rossa e balbetta qualche scusa. «Due», è la mia sentenza. Proteste. Dicono che non se l’aspettavan­o un controllo così all’improvviso. «Male», replico a muso duro, «i compiti a casa si fanno, sempre… e poi dovete essere pronti a tutto. Che pensate, che fuori di qui sarà rose e fiori?». Silenzio. Ho quasi l’affanno. Forse dovevo avvertirli. Intanto sguardi torvi e atmosfera tesa. Chissà questa sparata improvvisa quali effetti produrrà, mi domando mentre li fronteggio.

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