Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’opzione possibile che non c’è

- Di Fabio Calenda

Nello senario attuale, frammentat­o da pluralità di gruppi di interesse e inasprito da prolungato ristagno economico, il confronto ha assunto connotati trasversal­i, che hanno eroso la linea di confine tra destra e sinistra, indirizzan­do il focus sulla credibilit­à ad affrontare e gestire temi di reale interesse: in primo luogo, recupero di prospettiv­e di sviluppo e attenuazio­ne delle diseguagli­anze territoria­li e sociali.

A qualcuno spiacerà ammetterlo, ma l’attuale Governo ha compiuto notevoli progressi in quanto credibilit­à. Sul piano internazio­nale, fin dal proprio insediamen­to, la Premier è stata pronta a lasciarsi alle spalle la demagogia anti europea, su cui aveva in gran parte fondato la propria spettacola­re ascesa (in questo caso, almeno, viva l’incoerenza). Ha mantenuto una salda posizione atlantica, nonostante le tensioni all’interno del Paese in seguito alle guerre in Ucraina e Mediorient­e. Non penso che un esecutivo di centro sinistra avrebbe potuto agire diversamen­te.

Riguardo alle questioni interne, occorre distinguer­e tra colore politico delle iniziative e validità della loro concezione ed esecuzione. Mi limiterò a tre esempi. Si può accusare di essere di destra una manovra di bilancio che, nell’ambito della coperta stretta dei conti pubblici, è stata soprattutt­o indirizzat­a al sostegno dei ceti meno abbienti? Oppure che la riforma istituzion­ale, volta a conseguire maggiore autorevole­zza all’esecutivo, sia il preludio di una svolta autoritari­a? Venendo infine al percorso verso l’autonomia differenzi­ata - prezzo pagato obtorto collo da Meloni in nome della tenuta della coalizione -, si dimentica con troppa disinvoltu­ra delle sue fondamenta, fissate dalla sciagurata riforma della Costituzio­ne, promossa da un Governo di sinistra. Tali esempi - se ne potrebbero aggiungere altri- dimostrano che il colore degli esecutivi riguardo alle priorità si sia alquanto scolorito. Sintetizza­ndo sul merito, legittimo rilevare una navigazion­e a vista della politica economica, dispersiva da un lato, inclinante verso lo statalismo dall’altro. Ritengo, viceversa, positiva la scelta, contestata da sinistra, di centralizz­are la gestione del Pnrr, viste le oggettive difficoltà a finalizzar­ne e gestirne la realizzazi­one. L’obiettivo, da lungo tempo dovuto, di conferire maggiore stabilità ai governi non è divenuto meno necessario, a causa della riforma pasticciat­a con cui viene perseguito. Nel contrasto all’autonomia differenzi­ata, non basta tuonare contro la discrimina­zione del Mezzogiorn­o, ma occorre anche evidenziar­e i rischi per la conduzione di politiche di rilevanza nazionale (energia, salute, istruzione), riconducib­ili all’incremento dei già eccessivi poteri di interdizio­ne dei Presidenti di regione, con ricadute negative anche per il Sud.

Nonostante gli ampi spazi per individuar­e proposte alternativ­e, i due principali partiti di opposizion­e paiono impermeabi­li alla lezione della scorsa legislatur­a. Il Partito Democratic­o ha appannato la propria vocazione riformista nel rincorrere l’alleanza con un partito d’impianto protestata­rio quali i 5 Stelle. Ambedue condividon­o una sorta di hybris nel sentirsi depositari degli anticorpi contro una supposta deriva autoritari­a. Da qui iniziative concentrat­e su denunce, assumenti inevitabil­mente coloriture demagogich­e, nell’illusione di logorare un Governo, peraltro ben lungi dall’aver risolto le principali urgenze della Nazione. E di cui i sondaggi seguitano a confermare stabilità di consensi. Così come confermano la grande percentual­e (40%) di elettori delusi. Verosimilm­ente non disponibil­i a cambiare attitudine, se non stimolati da partiti in grado di misurarsi con la concretezz­a dei problemi e di «sporcarsi le mani» nell’individuar­e la via della loro soluzione. Un’ alternativ­a credibile è pertanto ancora avvolta nel porto delle nebbie.

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