Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Iannacone: «Tornerò a Caivano ma lontano dai riflettori accecanti»
Il giornalista di Rai3: «A metà maggio riprendo le mie storie in tivù»
che ho raccontato per vedere nel frattempo cosa è cambiato e come è cambiato il Paese, per capire cosa è accaduto ai protagonisti riprendendo un dialogo autentico, senza filtri o manipolazioni».
Perché la Rai l’ha tenuto lontano dai palinsesti per due anni?
«C’è stata una disattenzione verso il mio modo di narrare, forse un po’ in malafede, eppure in 23 anni di Rai, non da interno, ho fatto ascolti, ho vinto premi, come quelli internazionali a Berlino, Los Angeles e Montecarlo per il documentario sui migranti Lontano dagli occhi, con la voce narrante di Andrea Camilleri. Mi hanno anche proposto di andare altrove, di lasciare la Rai, ma sarebbe stato come rinnegare tutto il mio passato. E allora mi sono difeso da quest’ingiustizia aspettando. E facendo teatro, che è una forma di resistenza».
Oggi però trova un’altra Rai, fortemente politicizzata. In cui una conduttrice deve
leggere un comunicato pro Israele firmato dall’amministratore delegato.
«Mi sembra uno sconfinamento eccessivo della politica, un’ingerenza troppo plateale, la tv deve fare la tv, stop, è un luogo in cui ci sta il mantenimento dei canoni di libertà di espressione. Se qualcuno dovesse dirmi: non fare questo e non fare quello, gli risponderei che non sono adatto, io non ho preclusioni. Il mio ruolo è fotografare la società, documentare la realtà per quello che è, senza intermediazioni».
A proposito di realtà trascurate o nascoste dall’informazione, lei è stato tra i primi a raccontare in tempi non sospetti Caivano.
«Fu sei anni fa, la puntata si intitolava Figli miei ed era emblematica, conteneva dentro di sé tutte le questioni irrisolte di quel luogo, a livello sociale, culturale, civile... poi è venuta la sovraesposizione mediatica dopo la squallida storia dello stupro delle cuginette, è venuto il decreto Caivano ed è stato acceso un riflettore accecante quando invece queste storie vanno affrontate nella penombra».
Tornerà a Caivano?
«Sì, continuerò a raccontarla ma a modo mio, voglio capire cosa è successo a quei ragazzi che erano minorenni quando li ho incontrati, voglio infilarmi nelle loro storie, trovando nel buio uno spiraglio di luce».
Come si fa a sostenere una tv di pause e silenzi quando tutt’intorno si fa la gara a chi urla di più?
«Ho sempre rifiutato l’idea di una narrazione in modo accelerato, amo la dilatazione del tempo e non credo che la vita si possa descrivere in un nanosecondo. Questo è il modello che ho proposto, con il giusto valore a pause e silenzi, ne I Dieci Comandamenti».
Il sesto comandamento, non commettere atti impuri, lei lo collegò alla Terra dei Fuochi.
«Anche qui fu un ritorno: quand’ero a Presa Diretta, nel 2012, feci una puntata con Raffaele Del Giudice di Legambiente a Taverna del Re, si chiamava Spazzatura, non c’erano i droni e mi infilai in un varco per arrampicarmi su una montagna di rifiuti». Le ecoballe che stanno ancora lì.