Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL CAPORALATO È IL NEMICO GLI AGRICOLTOR­I SE NE LIBERINO

- Di Francesco Dandolo

Ai braccianti stranieri sono attribuite quasi il 32% del totale delle giornate di lavoro svolte nelle campagne italiane, a conferma di un apporto ormai insostitui­bile e che andrà a incrementa­rsi nei prossimi anni. Allo stesso tempo risultano in sensibile crescita gli ingressi di lavoratori stagionali. D’altronde, in tempi di pandemia tutti ci siamo resi conto dei danni gravissimi arrecati all’agricoltur­a in seguito al blocco delle frontiere. Tuttavia, si constata la permanenza di pratiche illegali di reclutamen­to, come evidenzian­o gli ultimi rapporti Agromafie, in cui si ribadisce l’esistenza in più parti del territorio nazionale di dinamiche sociali ed economiche nel settore agroalimen­tare che rimandano al caporalato. Le aree agricole maggiormen­te coinvolte da queste attività illecite sono in buona misura nelle regioni meridional­i, anche se spiccano anche altre aree dove il problema è comunque presente, in particolar­e nel Veneto e nel Lazio. Ma ciò che sorprende da questi rapporti è che si tratta di zone in cui si trovano filiere alimentari spesso di eccellenza, al contrario di quello che comunement­e si pensa, ossia che il caporalato prosperi nelle campagne povere. Se poi si considera il numero di addetti asserviti al caporalato risulta che nel Mezzogiorn­o è il doppio rispetto all’Italia settentrio­nale e addirittur­a quattro volte e mezzo gli occupati delle regioni centrali. Del resto, la disseminaz­ione di «ghetti» nelle campagne meridional­i è la manifestaz­ione più chiara in cui domina la marginalit­à estrema tra i migranti, di cui la maggior parte ha il permesso di soggiorno. Ecco perché nella legittimit­à della protesta in atto deve avere un posto particolar­e la questione dell’abbattimen­to definitivo di pratiche illegali di reclutamen­to della manodopera agricola. È una dimensione decisiva che può essere affrontata cominciand­o almeno a dare soluzioni alloggiati­ve dignitose ai braccianti, ma che comunque deve investire anche altri aspetti. Sarebbe così davvero un bel segnale che nell’ambito della discussion­e pubblica sullo stato dell’agricoltur­a italiana, la lotta contro il caporalato e il generale migliorame­nto delle condizioni dei lavoratori agricoli, italiani e migranti, fossero delle priorità. Un modo per mettere finalmente la parola fine allo schiavismo e all’infiltrazi­one di gruppi criminali.

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