Corriere del Mezzogiorno (Campania)
IL CAPORALATO È IL NEMICO GLI AGRICOLTORI SE NE LIBERINO
Ai braccianti stranieri sono attribuite quasi il 32% del totale delle giornate di lavoro svolte nelle campagne italiane, a conferma di un apporto ormai insostituibile e che andrà a incrementarsi nei prossimi anni. Allo stesso tempo risultano in sensibile crescita gli ingressi di lavoratori stagionali. D’altronde, in tempi di pandemia tutti ci siamo resi conto dei danni gravissimi arrecati all’agricoltura in seguito al blocco delle frontiere. Tuttavia, si constata la permanenza di pratiche illegali di reclutamento, come evidenziano gli ultimi rapporti Agromafie, in cui si ribadisce l’esistenza in più parti del territorio nazionale di dinamiche sociali ed economiche nel settore agroalimentare che rimandano al caporalato. Le aree agricole maggiormente coinvolte da queste attività illecite sono in buona misura nelle regioni meridionali, anche se spiccano anche altre aree dove il problema è comunque presente, in particolare nel Veneto e nel Lazio. Ma ciò che sorprende da questi rapporti è che si tratta di zone in cui si trovano filiere alimentari spesso di eccellenza, al contrario di quello che comunemente si pensa, ossia che il caporalato prosperi nelle campagne povere. Se poi si considera il numero di addetti asserviti al caporalato risulta che nel Mezzogiorno è il doppio rispetto all’Italia settentrionale e addirittura quattro volte e mezzo gli occupati delle regioni centrali. Del resto, la disseminazione di «ghetti» nelle campagne meridionali è la manifestazione più chiara in cui domina la marginalità estrema tra i migranti, di cui la maggior parte ha il permesso di soggiorno. Ecco perché nella legittimità della protesta in atto deve avere un posto particolare la questione dell’abbattimento definitivo di pratiche illegali di reclutamento della manodopera agricola. È una dimensione decisiva che può essere affrontata cominciando almeno a dare soluzioni alloggiative dignitose ai braccianti, ma che comunque deve investire anche altri aspetti. Sarebbe così davvero un bel segnale che nell’ambito della discussione pubblica sullo stato dell’agricoltura italiana, la lotta contro il caporalato e il generale miglioramento delle condizioni dei lavoratori agricoli, italiani e migranti, fossero delle priorità. Un modo per mettere finalmente la parola fine allo schiavismo e all’infiltrazione di gruppi criminali.