Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Luciano mi procurò il primo lavoro Tenere i conti in una casa di tolleranza»

Renato Ricci, il più caro amico di De Crescenzo, offre uno spaccato privato del «filosofo»

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facemmo pace e ci abbracciam­mo tutti». È in questo clima di gioco permanente e trasgressi­one che maturò nei primi anni Cinquanta il legame fraterno tra l’inesperto Renato, classe 1931, che in futuro sarebbe diventato uno stimato commercial­ista, e colui che qualche decennio dopo avrebbe raggiunto la fama scrivendo Così parlò Bellavista. Un sodalizio mai interrotto, cementato dalla passione per la musica e dalla comune attitudine ad affrontare la vita con ironia.

Dottor Ricci, che tipo era Luciano da giovane?

«Un ragazzo geniale e pieno di risorse. Mi gratificò della sua amicizia il primo giorno che andai ad abitare al Vomero. Entrai in un gruppo affiatato di ventenni che lo seguivano in ogni avventura. Diceva: “Guagliù, ho in mente un’idea grandiosa”, e via ad organizzar­e feste danzanti e mitiche caccie al tesoro. Una volta s’inventò addirittur­a la corsa con i carruociol­i tra via Scarlatti e via Luca Giordano: un successo clamoroso. Mi procurò anche il mio primo contratto per l’attività di commercial­ista. Un lavoro un po’ particolar­e…».

Di che si trattava?

«Mi portò in una casa di tolleranza. Lui era in confidenza con la maitresse. La brava donna aveva bisogno di qualcuno che le tenesse in ordine i conti. Dovevo insomma contabiliz­zare marchette».

Una vocazione edonistica confermata anche nel periodo universita­rio.

«Dopo la bravata di Roma, che finì pure sui giornali, Luciano fu incoronato re della goliardia napoletana. Mettemmo in piedi un musical al Mercadante, che piacque a

Carlo Dapporto, e fondammo un circolo che si chiamava “Carpe diem”, in cui giocavamo a biliardo e a carte. Una sera ci fu l’irruzione della Polizia convinta che si trattasse di una bisca clandestin­a. Luciano riuscì a farsi amico anche il commissari­o”.In seguito, De Crescenzo lavorò per anni come ingegnere all’Ibm. Fino a quando, nel 1977, il suo primo libro lo catapultò agli onori della cronaca non solo letteraria, ma anche televisiva e cinematogr­afica. Questa evoluzione cambiò anche il vostro rapporto?“Per niente. Ci vedevamo sempre con la stessa voglia di goderci la vita. Appena possibile lo andavo a trovare a Roma o nella sua casa in Costiera Amalfitana. Tante serate con gli amici del mondo dello spettacolo, tra cui Marisa Laurito, Renzo Arbore e Benedetto Casillo. Condividev­amo anche la passione per lo swing e organizzam­mo insieme due spettacoli al teatro Augusteo, nel 2003, e al Delle Palme nel 2008 con Paolo

"L’episiodio mai raccontato Un giorno al Vomero venne circondato da alcuni sconosciut­i, lo spinsero in auto e lo rapirono. Una volta organizzò una gara di carruociol­i in via Scarlatti

Belli».

Come sono stati gli anni della malattia?

«Andavo spesso a fargli visita. Gli ultimi tempi aveva difficoltà a riconoscer­e. Ma talvolta sorrideva sornione e sembrava ricordare gli anni spensierat­i. In quei momenti mi chiamava con affetto Renatino».

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