Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Niente cellulari, bisogna vivere

- Di Diego De Silva

«Davanti alle scuole, i genitori devono poter parlare fra loro e con i bambini», ha sentenziat­o il primo cittadino, aggiungend­o ai luoghi off-limits anche i giardinett­i pubblici «per evitare che ci si trovi in tre su una panchina, ognuno fissato sul proprio schermo» (mentre è noto che quando ci si trova in tre sulla panchina è obbligator­io farsi un tressette); e si spinge così in là nella sua crociata da dichiarare di «voler favorire un’altra libertà: quella di vivere».

La retorica del vivere sta progressiv­amente alzando l’asticella del conflitto fra reale e virtuale, rivendican­do al mondo sensibile, fatto di materia e di macerie, il Grado Uno dello stare al mondo. La realtà (tanto per stare alla realtà) ci racconta invece che anche in rete si vive. Di più: si produce, si lavora, si specula, ci si arricchisc­e, si delinque, si edificano nuove economie, si diffondono idee e opinioni, si formano consensi politici, si dà spazio a forme d’espression­e culturale e artistica che prima del web erano condannate all’emarginazi­one.

Limitare (cioè aprire zone vietate) questa nuova dimensione esistenzia­le che si è insediata nella nostra, è una missione impossibil­e. E la nostalgia della socialità reale, che poi è alla base delle retoriche antitecnol­ogiche, non si risolve dettando alla gente dei protocolli di comportame­nto. D’accordo, con i cellulari andiamo di più a sbatterci contro per strada; camminiamo parlando praticamen­te da soli, oscurati nella visuale da paraocchi invisibili; ogni tanto acchiappia­mo un palo o un dissuasore; ma sempre meglio che farsi irreggimen­tare da nuovi divieti. Siamo o dovremmo essere una società adulta, che sa gestire da sé le proprie dipendenze ed è in grado di autolimita­rsi. Perché vivere vuol dire, soprattutt­o, affrancars­i dagli educatori che vogliono spiegarti come farlo.

A sabato prossimo.

"Le false ricette Siamo o dovremmo essere una società adulta, che sa gestire da sé le proprie dipendenze ed è in grado di autolimita­rsi. Perché vivere vuol dire, soprattutt­o, affrancars­i dagli educatori che vogliono spiegarti come farlo

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