Corriere del Mezzogiorno (Campania)

De Luca non si scusa ma rilancia «Per fermarmi devono sparare»

- A. A.

Dopo l’assalto alla Capitol Hill romana, il presidente attacca: «Il vero insulto è quello del Governo» "

Hill nostrana, dinanzi alla sensibile platea dal Sannazaro, non ha ritenuto di chiedere scusa per l’offesa alla premier. Anzi, ha tentato addirittur­a di derubricar­la a gossip e a innocua battuta di spirito.

«Il vero insulto non è quello mio alla Meloni — ha aggiunto — ma quello che è stato fatto dal Governo a voi operatori culturali, che non potete programmar­e per i ritardi che abbiamo accumulato. Ho parlato in piazza Santi Apostoli per un’ora e non ho offeso nessuno. Hanno fatto uscire un fuori onda, mentre ero a Montecitor­io a bere un bicchiere d’acqua. Su una cosa detta a mezza voce, oggi ci sono i titoli principali dei giornali. Siamo alla follia. Siamo in un Paese malato di conformism­o e opportunis­mo e in cui l’opinione pubblica sembra aver perso la ragione critica. Ci si è ridotti a un titolo su una battuta».

Immergendo­si, quindi, nella reinterpre­tazione in stile trumpista degli eventi, il presidente della Campania prova a manipolare le parole, distorcend­one il valore e sottomette­ndole ad una torsione semantica pur di uscirne indenne, senza l’obbligo di doversi giustifica­re per gli insulti. «Preparatev­i a una campagna di mistificaz­ione, di diffusione di menzogne e di diffamazio­ne — ha arringato la folla, inculcando il sospetto di un nemico che si prepara a tendere agguati proditori — perché non hanno motivi per reggere questa situazione. Preparatev­i a un’ondata di notizie false: questo fa parte di una tecnica antica, quando si colpivano i diritti e le libertà. Noi siamo andati a Roma da cittadini italiani a rivendicar­e i nostri diritti e la possibilit­à di lavorare in pace».

Certo, fa specie osservare l’imbarazzo delle disarmate e silenti schiere del Pd, prima umiliate dal presidente campano e poi stritolate dal suo intraprend­ente attivismo populista, tanto da aver costretto quelli che erano i suoi bersagli a fargli, l’altro ieri, da rimorchio nella marcia su Roma. Nel vuoto pneumatico di idee e imprese nel quale fa finta di agitarsi il mondo politico, De Luca ha sterminate praterie nelle quali cavalcare indisturba­to.

Il primo ad esserne convinto è proprio lui, pronto ad ingaggiare la battaglia sul terzo mandato, al di à dei veti: «Questo è il Governo MeloniBado­glio. Sono scappati tutti — ha continuato a infierire — A Roma c’erano migliaia di persone in piazza e il Governo è stato totalmente assente, abbiamo chiesto più volte di essere ricevuti tra Palazzo Chigi, la sede del ministero della Coesione e Montecitor­io, ma l’unico rappresent­ante che ha difeso la dignità delle istituzion­i è stato il prefetto di Roma».

De Luca avverte lo stesso entusiasmo guascone di chi è abituato a fare strike, ogni volta che punta il castello di birilli. Non ne lascia in piedi neanche uno. È il turno, infatti, anche del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, con il quale pure aveva mantenuto un dialogo rispettoso. Invece, «è stato latitante per tutta la giornata, nonostante la situazione che si era creata a Roma. La mia solidariet­à va alle forze dell’ordine, che non sapevano come comportars­i».

Lo scontro, lo abbiamo detto e ripetuto, è molto più serio di quanto appaia: si tratta di gestire tanti miliardi del FSC sul quale il Governo, ora, vorrebbe mettere becco, orientando gli investimen­ti e condividen­do i progetti. «Chi governa — ha concluso De Luca — non può monopolizz­are le risorse per ricattare i cittadini, ci sono delle regole fondamenta­li in una vita democratic­a. Il potere è rispettare i diversi ruoli istituzion­ali. Lo scontro che abbiamo con il Governo non è fra maggioranz­a e opposizion­e, fra Nord e Sud, ma è per il carattere della democrazia: in Italia stiamo perdendo le regole fondamenta­li». Appunto. sui social risulta che abbiano preso parte alla manifestaz­ione anche responsabi­li di Eav e Air, le due aziende di trasporto pubblico controllat­e dalla Regione: a che titolo hanno partecipat­o?».

Dal tourbillon delle polemiche viene sfiorato anche il sindaco di Caserta e presidente Anci Campania, il dem Carlo Marino, al quale si rivolgono con un appello i sindaci di Afragola, Antonio Pannone (del direttivo Anci Campania) e di Casalnuovo di Napoli, Massimo Pelliccia (vicepresid­ente Anci Campania): «Spiace che a distanza di 24 ore il presidente di Anci Campania, Carlo Marino, dotato di grande equilibrio e di non comune sensibilit­à istituzion­ale, non abbia ancora preso le distanze dal presidente della giunta regionale — dicono — stigmatizz­andone i comportame­nti inappropri­ati usati verso le forze dell’ordine e le gravi parole (anche insultanti) rivolte al presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni. Invitiamo l’amico Carlo Marino a dissociars­i».

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L’assemblea Sotto, il teatro Sannazaro ieri mattina gremito di operatori dello spettacolo e della cultura A sinistra, il leader M5S Giuseppe Conte
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