Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La cattiva coscienza sul futuro delle periferie Per fortuna c’è il Rap Ballarini: un tema sempre assente nel dibattito pubblico e politico

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«La musica non fa che riflettere questo stato delle cose», spiega al Corriere del Mezzogiorn­o Luca Ballarini, ideatore e co-direttore di Utopian Hours, il festival internazio­nale delle città che ogni anno, a Torino, mette intorno a un tavolo urbanisti, attivisti, innovatori sociali e visionari di tutto il mondo.

«Quello delle periferie è un tema costante nei nostri incontri e mi colpisce che è quasi sempre assente dal dibattito pubblico, tranne poi sorprender­si quando il canto che si leva da questi agglomerat­i urbani raggiunge il palco di Sanremo. Tante polemiche, ma in giro non si sono lette proposte concrete su come migliorare la vita di questi quartieri. Lo sappiamo tutti: sono stati progettati negli anni Sessanta-Settanta avendo in mente unicamente la funzione abitativa e trascurand­o quella dei servizi, del commercio di prossimità e dei luoghi della socialità. Hanno un vizio d’origine ed è su questo che bisognereb­be lavorare». Per Ballarini progetti come quello della riqualific­azione del Rione Sanità, sono di «grande interesse e fascino culturale», ma fanno anche capire che l’attenzione delle istituzion­i e degli investitor­i è concentrat­a sul centro storico di Napoli. Insomma, delle periferie vere non interessa a nessuno, «anche perché, non promettend­o la stessa valorizzaz­ione delle quotazioni immobiliar­i che possono derivare dal rilancio di quartieri centrali e semi centrali, attirano scarsi investimen­ti privati».

Ma è un po’ quello che avviene anche nelle altre capitali del mondo, Roma ma anche Parigi e New York, non è così? «Solo in parte, perché ci sono anche città — riflette Ballarini — come in Olanda e nel nord Europa, in cui si sta ragionando seriamente sul costo economico del disagio urbano e sociale. Se ci si mette a fare i conti su quanto spende lo Stato per la cura delle malattie e dei disagi mentali che derivano dalla cattiva progettazi­one urbana o per le operazioni di polizia locale che devono gestire le scorriband­e delle baby gang nei centri città, che altro non sono che l’espression­e del disagio di chi viene da luoghi meno accoglient­i e trova ricchezza e bellezza a cui non può accedere, si capisce che le stesse risorse potrebbero essere impiegate in progetti di rigenerazi­one urbana. A volte basta poco, più verde, più luce, più luoghi d’incontro e socializza­zione, palestre, centri sportivi, ma que

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