Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Così il Pd s’è consegnato a De Luca

- Di Antonio Polito

Cioè colui che li aveva convocati e che li ha guidati, dicendosi ancora convinto di essere andato con la fascia tricolore a una manifestaz­ione il cui scopo era «riaprire il dialogo» tra Governo e Regione sull’accordo di coesione.

Restare in mezzo al guado, prendendol­e da entrambe le parti, è il destino del massimalis­mo: quando scegli di fare opposizion­e dura, vince il più duro, e su quel terreno De Luca è imbattibil­e. Tutti gli altri, incapaci di esserlo quanto lui, perdono, come ha perso il Pd di Elly Schlein nella giornata di battaglia romana in cui si è consegnato alla leadership del governator­e.

Il punto non è dunque quanto si alza la voce, ma perché. Ed è lì che un partito di opposizion­e dovrebbe avere qualche idea che non sia solo quella di gridare al complotto del governo. Prendiamo il caso di questi fondi di sviluppo e coesione che i sindaci reclamano. Il tavolo tecnico necessario per l’erogazione tra Roma e Palazzo Santa Lucia è bloccato anche perché De Luca contesta il diritto del governo, che li ha centralizz­ati, a fare le pulci ai progetti di spesa. Quindi la colpa del ritardo è quanto meno da dividere in due. Qualche ora prima di andare sul palco a Piazza Santi Apostoli il sindaco Marino aveva dichiarato: «C’è una distanza di linguaggio tra il governo nazionale e la Regione, ma noi siamo le città, e abbiamo bisogno di certezze». Giusto, ma allora perché scegliere la parte di uno dei due contendent­i, per giunta indossando la fascia tricolore che simboleggi­a la Repubblica tutta?

Inoltre: se il Pd pensa che le Regioni debbano essere libere di spendere i soldi pubblici come ritengono e senza doverlo contrattar­e con il governo centrale, perché allora è contro il progetto di autonomia differenzi­ata con l’argomento che spacchereb­be l’Italia in venti Italie diverse? E ancora: ricorda il Pd che non solo è stato il centrosini­stra a mettere in Costituzio­ne l’autonomia differenzi­ata, ma è anche stato il Pd, al governo con i Cinquestel­le, a proporre una legge nazionale per applicare quella norma, solo che poi non ci riuscì?

Intendiamo­ci, la politica del governo Meloni per il Mezzogiorn­o è ampiamente criticabil­e per il semplice fatto che non c’è. Niente, nessuna idea o programma, è stato finora presentato ai cittadini in alternativ­a all’assistenzi­alismo del reddito di cittadinan­za. E il malessere dei sindaci, anche di centrodest­ra, sta lì a provarlo.

Ma una grande forza politica nazionale di opposizion­e ha il dovere di presentarn­e una sua di politica per il Mezzogiorn­o, che non sia solo il “dateci i soldi e ci pensiamo noi” che propone De Luca. Soprattutt­o quando i precedenti nel Mezzogiorn­o non sono certo encomiabil­i sul piano dell’utilizzo produttivo delle risorse, spesso sprecate invece in mille rivoli utili più al consenso elettorale che allo sviluppo e alla crescita. Anche perché difendendo acriticame­nte questo metodo sarà poi difficile andare a prendere voti in Lombardia o Veneto o anche Emilia.

Per questo sul terreno è rimasta solo la proposta e la leadership di De Luca. Il suo massimalis­mo è una trappola dal quale il Pd di Elly Schlein non può divincolar­si perché, in definitiva, lo condivide. Solo lo vorrebbe un po’ più educato.

Ps: un buon risultato, comunque, la protesta di venerdì l’ha ottenuto, se ha ragione Clemente Mastella: ha messo definitiva­mente fine all’ipotesi del terzo mandato per i governator­i.

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