Corriere del Mezzogiorno (Campania)
IL DIVARIO TRA POTERE E POPOLO NEL VOTO SANREMESE SU GEOLIER
Esattamente ciò che non è più possibile pensare oggi, sia a Palazzo Chigi sia al teatro Ariston. Per autoconvincersi di governare in modo legittimo e sicuro, negli ultimi decenni, nei palazzi romani si son dati un gran da fare nel correggere e ricorreggere il vecchio sistema elettorale - nel contempo anche e più volte quello di Sanremo. Senza prenderla troppo alla lontana, forse non è inutile osservare come la querelle sul voto del settantaquattresimo festival della canzone italiana abbia a che fare con il tema molto contemporaneo di un potere debole che pretende di condurre a sé l’opinione popolare, manipolando il consenso con l’artificio di tutte le correzioni maggioritarie possibili. Ogni volta scoprendo che la realtà dà numeri che si sommano male e spesso a caso.
Prima o poi un Geolier di questi emerge dal voto popolare come certi grillini, leghisti o mezzi fascisti senza arte né parte (il nostro musicista addirittura incapace di scrivere testi con un’ortografia corretta), promettendo di non essere un fenomeno locale e provvisorio: non a caso il rapper napoletano ha intasato in una notte i cellulari dei ragazzi dal Nord al Sud e ora la sua musica scostumata insidia sulle piattaforme digitali la narrazione futuribile di un’Italia compiutamente nazionalpopolare, cioè tutta nazione e popolo d’antan come piacerebbe alla destra di governo. Il che però non è un problema minore per la sinistra che dal canto suo, in senso non solo figurato, sta cercando di annettersi il successo del ragazzo di Secondigliano chiamandolo a giocare col suo linguaggio nuovo nel campo largo dell’altra politica, quella che guarderebbe agli esclusi e alle minoranze.
Quanto accade a Napoli, dove a Geolier il sindaco ha consegnato una targa al merito e l’Università lo convoca perché interloquisca dall’alto del suo scranno sanremese con i giovani di qua e di là, in effetti non è meno inutile e irritante delle manovre opposte nella sala stampa sanremese.
È la solita questione del potere e del consenso che le classi dirigenti (tra queste quella giornalistica non è la meno corriva) s’illudono di poter manovrare a piacimento, quando avvertono che dalla società emergono fenomeni affatto nuovi, apparentemente ingovernabili. Come ora è il caso Geolier, un bel grattacapo per i più presuntuosi tra gli esperti.
L’ultima querelle sanremese ha esorbitato la legislatura quinquennale di Amadeus, raro esempio di governo duraturo, per imporsi come un fatto culturale inaspettato sul quale analisti stanchi e impreparati si sono messi a discettare e molti hanno preso a preoccuparsi anche più del necessario.
Schivata la questione del razzismo antimeridionale ma accertato l’ostracismo dei professionisti della musica perbene nella sala stampa all’Ariston, quasi nessuno però si accorge o ha la forza morale di spiegare che la musica del rapper di Secondigliano, come l’arte di strada che infesta i nostri paesaggi metropolitani, è una roba mediocre, vista, stravista e già ascoltata migliaia di volte, paccottiglia ben confezionata dall’industria e distribuita a iosa sulle bancarelle dell’immaginario contemporaneo. Niente a che vedere con i concetti e le pratiche ormai in disuso della tradizione, dell’avanguardia e finanche del pop, lo stile libero di quelli come Geolier sarebbe semplice osservare quanto poco se ne importi della forma masticando e ruminando tutti i suoni, le chiacchiere e gli slogan che gli ronzano intorno.
Pensare quella musica e quei testi come qualcosa che viene da un luogo e da una comunità pulsanti di vita diversa significa non comprendere che il linguaggio hip-hop, da noi giunto in forte ritardo e già abusato, è solo convenzione, forse il modo più spiccio per musicisti un po’ per caso di dire «anche io esisto e parlo come mi pare», nel modo dei writers che da tanti anni pasticciano sui muri delle nostre città loghi e pseudo-identità artistiche.
Si potrebbe anche sostenere che il mondo giovanile ormai omologato in un’unica e smisurata periferia culturale non comunica con la realtà degli adulti e perciò grugnisce il proprio disinteresse sulle basi musicali del rapper di turno, ignorando il voto contrario di Sanremo così come si astiene da quello politico, senza alcuna passione. Per loro essere dentro la coalizione di Geolier o in quella avversa sarebbe come schierarsi con il centrodestra o il centrosinistra attuali. A culture e politiche che non comprendono, che mai hanno compreso loro, non è che siano ostili. I giovani che votano in massa Geolier e che vengono disconosciuti e messi in minoranza, dei giochi di potere e di certe manovre elettorali semplicemente se ne infischiano. Perciò se la cantano, se la suonano e se la ballano da soli. Come in un’eterna movida. Una moltitudine di anonimi street artists aggrappati alle impalcature abusive di una musica che passa veloce da un orecchio all’altro senza nulla da dire, senza niente da capire.
"L’outsider Prima o poi un Geolier di questi emerge dal voto popolare come certi grillini, leghisti o mezzi fascisti