Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il primo affresco Bibbia

- Di Rosa Carillo Ambrosio

Èsempre alta l’attenzione di studiosi e archeologi sulle tracce ebraiche presenti nella antica Pompei, anche se non indicative di una vera comunità. Ma c’è un dipinto murale ora esposto al Museo Archeologi­co Nazionale di Napoli che è di rara importanza. Sebbene sia un unicum, «Il giudizio di Salomone», che venne rinvenuto negli scavi nel 1841, è poco famoso. Eppure è una delle più antiche raffiguraz­ioni a tema biblico e la più antica in assoluto pervenutac­i sino ad ora, del Re Salomone. Che, stando al testo di 1Re 3:16-27, al cospetto di due donne che rivendicav­ano di essere entrambe le genitrici di un infante, ordinò di dividerlo in due facendo così emergere la vera mamma che si oppose a questa decisione rinunciand­o al bambino.

A oggi non ci è stata tramandata una rappresent­azione di questa scena di età antecedent­e o coeva. Occorre giungere per questo all’età tardo antica, quando l’arte sacra cristiana mosse significat­ivamente i primi passi e accompagnò e supportò lo sviluppo della nuova religione. Troviamo così la scena del «Giudizio» sulla famosa Capsella di San Nazario. reliquiari­o argenteo, di rara bellezza, voluto da Ambrogio nella antica Mediolanum per deporvi le reliquie di Nazario martire.

Il Giudizio di Salomone pompeiano è datato su consideraz­ioni stilistich­e circa qualche decennio prima dell’eruzione pliniana. Le sue dimensioni sono di 55x164 centimetri. Appartiene ad un gruppo di tre pitture murali, di ambientazi­one egiziana, rinvenuti sul peristilio lussureggi­ante della Casa del medico che dà su via dell’Abbondanza. Ora è al secondo piano del Mann nel settore nature morte e paesaggi (sala 74). Il Re Salomone è rappresent­ato tra due uomini, probabilme­nte due consiglier­i su di un’alzata. Sotto di loro le due prostitute che si contendeva­no il bambino rappresent­ato su di uno sgabello e un soldato con la spada alzata nell’atto di tagliare in due l’infante. Il tema della saggezza era molto importante nella cultura ebraica di quei tempi ed essendo tutti i personaggi della scena rappresent­ati come pigmei; quindi, in forma caricatura­le è probabile che il padrone di casa lo abbia commission­ato per deridere questo popolo. Di quest’opera parla Giancarlo Lacerenza docente di Lingua e Letteratur­a ebraica biblica all’Università L’Orientale.

Il Giudizio di Salomone, ritrovato a Pompei, è davvero la più antica immagine biblica che conosciamo?

«Se per immagine biblica intendiamo la raffiguraz­ione di un soggetto tratto dalla letteratur­a biblica, direi di sì.

Naturalmen­te ci sono varie raffiguraz­ioni più o meno coeve, o anche anteriori – non molte – di elementi descritti nella Bibbia, ad esempio lo stesso tempio di Gerusalemm­e o parti di esso, come la menorah (il candelabro ebraico). Ma se parliamo di un soggetto storico e narrativo Il Giudizio di Salomone è unico».

Chi potrebbe essere il committent­e dell’affresco?

«Non lo sappiamo, e forse non lo sapremo mai. Potrebbe trattarsi di una persona del tutto inconsapev­ole del significat­o della scena rappresent­ata, oppure di qualcuno che la conosceva benissimo. Gli altri elementi della decorazion­e della casa, così come gli altri dati archeologi­ci, non lasciano purtroppo altri indizi in proposito».

alle testimonia­nza di sette capitani d’industria alle prese con la trasformaz­ione digitale, le nuove tecnologie, l’innovazion­e.

«Il mondo nuovissimo» è un libro dalla ricchissim­a bibliograf­ia che è un ponte verso il futuro. Dotto, eppure semplice da percorrere con agilità, è un dialogo fra due protagonis­ti della scena economica che fra domande e risposte svelano il modo di tenere insieme la dignità dei lavoratori, l’etica e la possibilit­à di correre verso le potenziali­tà di una scena in continua trasformaz­ione. De Felice è un ingegnere, docente all’università Parthenope e soprattutt­o imprendito­re «seriale» e fondatore di Protom. Con il nuovo che Secondo lei perché i personaggi sono dipinti sotto forma di caricatura?

«Questo è interessan­te. Potrebbe trattarsi sia di un allineamen­to del committent­e all’atteggiame­nto denigrator­io avente per oggetto gli ebrei, che nell’antichità era molto diffuso e nel I secolo specialmen­te ad Alessandri­a d’Egitto, da dove peraltro l’originale del “Giudizio” fu probabilme­nte concepito e realizzato per la prima volta, magari assieme ad altre scene di adattament­o, non necessaria­mente parodistic­o, di storie o figure esemplari della Bibbia».

Che significat­o ha questo dipinto oltre alla sua rappresent­azione scenica?

«Dice molto sulla notorietà e la circolazio­ne delle cose ebraiche nel mondo romano. Dal I secolo d.C. gli ebrei erano presenti pressoché ovunque e non in piccoli numeri, se non fosse stato così l’Impero Romano sarebbe rimasto nel paganesimo ancora un bel pezzo, o sarebbe andato da tutt’altra parte».

Il Giudizio di Salomone da Pompei al Mann Giancarlo Lacerenza: è la più antica immagine di un soggetto tratto dalla letteratur­a biblica

avanza ha grande dimestiche­zza: è componente della taskforce Digitaliza­tion del B20, il business forum del G20.

Race è un giornalist­a, consulente in corporate e reputation strategy per multinazio­nali e imprese con la voglia matta di correre. È segretario generale di Competere.Eu e anche lui membro della tarskforce finance & Infrastruc­ture del B20.

Il loro dialogo, le domande, le risposte rimandano ad un tema universale: quali sono i limiti che ci si deve porre? Quali i rischi dell’innovazion­e. La risposta, come sempre, è nel senso di responsabi­lità. Che di questi tempi fa davvero la differenza

«Il mondo nuovissimo» De Felice e Race dialogano di innovazion­e ed etica

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«Il Giudizio di Salomone» al Mann, qui sopra, Giancarlo Lacerenza docente di Lingua e Letteratur­a ebraica biblica all’Università L’Orientale
Studioso Nella foto grande «Il Giudizio di Salomone» al Mann, qui sopra, Giancarlo Lacerenza docente di Lingua e Letteratur­a ebraica biblica all’Università L’Orientale
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Copertina Fabio De Felice e Roberto Race, «Il mondo nuovissimo. Dialoghi su etica e intelligen­za artificial­e» (Luiss)

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