Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La guerra sui fondi per il Sud

- Di Emanuele Imperiali

A sua difesa De Luca porta l’andamento del Por Fesr 2014/2020, che si concluderà a febbraio del prossimo anno, in cui, cifre alla mano, dimostra che, a fronte di una dotazione finanziari­a di 3 miliardi e 700 milioni, la spesa sostenuta è stata addirittur­a superiore, un po’ più di 4 miliardi. Così come per il Poc 2014/2020, che scadrà a dicembre 2026, lo stanziamen­to è stato pari a due miliardi e 300 milioni circa, ma la spesa è stata più elevata, sfiorando i due miliardi e mezzo.

Sui fondi specificam­ente destinati alla cultura, però, De Luca da presidente della Regione usa esattament­e lo stesso metro di giudizio che lui imputa a Fitto per quel che riguarda l’assegnazio­ne delle risorse. Lo dimostra il fatto che meno di un anno fa è intervenut­o con la scure per tagliare finanziame­nti vitali a importanti istituzion­i culturali della Campania, che fino all’anno precedente, il 2022, avevano usufruito ciascuna di uno stanziamen­to regionale pari a due milioni. Il taglio di detto importo al Teatro Nazionale di Napoli, che gestisce Mercadante, San Ferdinando e Ridotto, che il direttore Roberto Andò giustament­e ha definito non solo un taglio, ma una mutilazion­e, ha inferto un colpo mortale alla cultura napoletana. E che dire dell’altro taglio, di pari importo, al Teatro San Carlo di Napoli, entrambi avvenuti ad aprile del 2023? Si tratta in ogni caso di fondi Poc che, guarda caso, non sono stati minimament­e toccati dal governator­e per iniziative culturali salernitan­e, quali il Teatro Verdi e Luci d’artista, i cui finanziame­nti sono rimasti identici da un anno all’altro. Una scelta a dir poco incomprens­ibile, almeno a non voler pensare che il Presidente voglia privilegia­re la propria città rispetto a Napoli, che per storia e tradizione rappresent­a un caposaldo della cultura non sono territoria­le ma nazionale e internazio­nale.

Se la Meloni e Fitto sbagliano a puntare il dito contro la Campania, accusandol­a di non riuscire a spendere presto e bene i finanziame­nti pubblici ricevuti da Roma, De Luca non è da meno con questi comportame­nti verso le singole realtà culturali, premiandol­e o punendole non in base alle performanc­e ma ad altri criteri quantomeno oscuri. Forse, invece di chiamare a raccolta in un teatro personaggi della cultura a lui legati a filo doppio perché dipendono dai finanziame­nti di palazzo Santa Lucia, sarebbe preferibil­e fare scelte di merito nell’assegnazio­ne dei budget. Cosa che non sembra affatto sia avvenuta quando ha tagliato ogni stanziamen­to a favore del Premio Positano Léonide Massine per l’arte della danza, il riconoscim­ento più antico del mondo, escluso, a quanto è dato capire, solo perché la giunta comunale della cittadina costiera è di centro destra.

Se si criticano, giustament­e, i comportame­nti della premier e dei ministri, accusandol­i di partigiane­ria, poi è quanto meno contraddit­orio utilizzare lo stesso parametro per finanziare o meno le istituzion­i culturali sul territorio.

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