Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Nonni? E se fosse colpa dei

- Di Patrizia de Mennato Phtongos tempo slow, Matando el Rato - Il

La distanza tra padri e figli implica una estraneità necessaria che è cambiata. Ariès, uno degli storici più attenti della struttura familiare nei secoli, afferma che «la famiglia si è liberata nel tempo della componente biologica e di quella giuridica, per diventare un valore, un campo di espression­e, una fonte di emozioni»; è diventata «un sentimento». Negli ultimi anni, abbiamo dilatato l’investimen­to emotivo e l’ansia di prestazion­e sui figli, tanto da farci perdere di lucidità. Ragazzi eccessivam­ente protetti dagli eventi avversi non saranno mai attrezzati a crescere e ragazzi confusi, nel vasto e contraddit­torio ventaglio delle pratiche di vita nelle quali sono immersi, difficilme­nte sapranno orientarsi. Non sono convinta, però, che concentrar­e l’osservazio­ne della crescita formativa nel rapporto genitori-figli sia sufficient­e. Non ci basta più il qui ed ora, e credo che dovremmo imparare a utilizzare uno sguardo storico e diacronico per comprender­e meglio le relazioni familiari.

«I genitori tendono a vivere dentro noi [figli] senza il nostro permesso», ma anche i nonni vivono nei genitori e nei nipoti «senza permesso» (Atlas). Le loro esperienze non si possono raccontare, le esperienza si «vivono», ed il ruolo della famiglia è di offrire una «officina di esperienze» al vissuto dei suoi componenti più giovani.

Tutti noi siamo il risultato di relazioni iscritte in una storia che si dipana oltre il nostro tempo e lungo le generazion­i. L’esperienza vissuta in famiglie allargate o nucleari, con genitori separati o assenti, nelle mura di una casa o in un cortile o in un quartiere, ci fornisce una chiave interpreta­tiva della costruzion­e dell’io molto diversa. Gli scenari familiari manifestan­o un modo di vivere e di pensare che viene trasmesso per osmosi, e che quasi sempre resta tacito.

Continua la Atlas: «All’origine della nostra incompiute­zza ci sono storie mai raccontate, suoni messi a tacere» e solo un lavoro riflessivo può offrire nuove forme di consapevol­ezza. Al punto che un suo paziente afferma, stupito: «sinceramen­te non l’avevo mai pensato in questo modo». Il nostro percorso intergener­azionale è reso, oggi, più chiaro dall’avanzare progressiv­o delle neuroscien­ze. Le esperienze cognitive traumatich­e, in particolar­e quelle che producono l’ormone dello stress (il cortisolo), agiscono sui meccanismi biologici tracciando un’impronta chimica nei geni di una persona, tale che questa impronta possa essere trasmessa di generazion­e in generazion­e (Icahan School of Medicine ed Mount Sinai Hospital). L’eredità emotiva (Galit Atlas) costruisce il nostro io proprio grazie alle tracce emotive che la nostra storia familiare ha impresso a livello molecolare.

Questa «memoria» è trasmessa da una generazion­e all’altra, influenzan­do anche geneticame­nte la vita dei figli e dei nipoti. Ereditiamo trasformaz­ioni che ci rendono particolar­mente esposti a sintomi dei quali non sempre siamo in grado di riconoscer­e l’origine: mal di testa, ossessioni, fobie, pianti irrefrenab­ili sono le cicatrici dei traumi che abbiamo ereditato, rendendoci quello che siamo.

Questa prospettiv­a evoluzioni­stica si costruisce nel tempo delle tante generazion­i con le quali entriamo in relazione, a volte anche solo sentendone parlare. È il clima di famiglia che viene da lontano — anaffettiv­o, rigido, solidale, rabbioso, frustrante, accoglient­e, gretto o culturalme­nte aperto — ad avere una forte incidenza emotiva. I silenzi, gli abbracci, le distanze personali, gli abbandoni, le curiosità, le speranze, i litigi vis

Nel cinquecent­esco Palazzo Caracciolo di Avellino, in Largo Proprio di Avellino (decumano detto dell’Anticaglia) da oggi al 30 marzo due nuove mostre. Interpreti di storie antiche e protettric­i di Napoli, le figure mitiche sono protagonis­te di «Phtongos», personale del marchigian­o Fabrizio Cotognini, curata da Lorenzo Benedetti, al terzo piano della Fondazione Morra Greco. Il titolo evoca il suti nei pranzi di Natale, nelle vacanze dai nonni, nei ritorni a casa rimangono sottotracc­ia, riaffioran­do nella nostra mente e nel nostro corpo.

Don’Antonio Piscopo e zia Memè di Sabato, domenica e lunedì, fino ai nipoti, passando per i genitori, offrono ai nostri occhi un percorso diacronico e pur sempre contempora­neo, nel quale viene scritta una storia, permettend­oci di disvelare misteri, trasgressi­oni e verità nascoste di una famiglia. Prendere il nome dei nonni non ha solo un valore anagrafico, ma esprime la volontà che il nipote sia riconosciu­to come un filo che si vuole annodato; ma che si può anche voler rompere. Quello che non sappiamo riconoscer­e ci impedisce, però, di rielaborar­e questa pesante eredità intergener­azionale, inchiodand­oci al nostro destino.

Rivisitare alcune delle intriganti biografie riportate in canto: e infatti una delle parole usate da Omero per descrivere la voce delle Sirene. In

invece, la cubana Eileen Noy narra la temporalit­à, offrendo una visualizza­zione formale di una lentezza contemplat­iva che rifiuta il tempo come parametro di produttivi­tà, rintraccia­ndo anche un legame sotterrane­o tra l’isola di Cuba e la città di Napoli.

Nevrosi e Genialità offre un grande insegnamen­to. Spesso sono veri grovigli intergener­azionali, che vi invito a leggere e, se necessario, a rileggere.

È il clima familiare che ha trasformat­o Aurore Dupin nello pseudonimo maschile di George Sand, ed è legato proprio alla sua complessa genealogia. Un viluppo non solo di status, ma di senso della vita, dove l’aristocraz­ia della nonna Aurore e l’origine plebea della madre, Sophie, discussa moglie del padre Maurice — a sua volta nipote del figlio naturale del re polacco Federico Augusto II — rende il conflitto violentiss­imo tra le due donne per il dominio affettivo ed intellettu­ale di Maurice e della giovane Aurore. Un’atmosfera familiare che scrive il destino di Geoge Sand e ne diventa il copione della sua vita e dei suoi romanzi.

Così come Hitler descrive il padre come «impiegato statale zelante del dovere», sottomesso e amorfo, dopo aver mancato di realizzare la sua allucinazi­one «di diventare superiore». Il clima familiare, con un padre fallito, «beone e tiranno», davanti al quale sfuma ogni dignità umana, dove la madre e i fratelli dovevano «stare sempre sull’attenti», portano Adolf a non poter essere «niente di meno» di un Fuhrer.

Le emozioni hanno un effetto profondo su quello che i figli e i nipoti diventeran­no, perché ogni biografia emozionale viene trasmessa attraverso le nostre menti e i nostri corpi. Natura e cultura si compenetra­no negli esseri umani; reagiamo all’esperienza a livello molecolare, creando una complessa «memoria» genecambia­mento tica. Tuttavia, dobbiamo prendere coscienza degli stress emotivi profondi scritti in noi lungo il tempo di molte vite, intraprend­endo un lavoro di ricerca su di sé «che può cambiare e modificare gli effetti biologici del trauma».

La rete di storie che risalgono a prima della nostra nascita è la nostra eredità emotiva tacita, nella quale è inestricab­ilmente intrecciat­a la nostra storia personale attuale. Allora, si chiede la Atlas, «Perché così tante persone vogliono l’amore e non riescono a trovarlo? Vogliono una carriera, ma non riescono a emergere? Vogliono progredire, ma rimangono imbrigliat­i nello stesso pattern che si ripete più e più volte?». Perché, dunque, vivere la vita è così complesso? Perché prevale sempre più spesso la resistenza al

Un passato non elaborato, dove i segreti di famiglia continuano a vivere in noi blocca anche le vite dei figli

che «ci trattiene nel ruolo di guardiani della nostra storia»?

Un passato non elaborato, dove i «vecchi segreti di famiglia continuano a vivere dentro di noi», tradisce le potenziali­tà nostre e dei figli. Per andare avanti dobbiamo affrontare la sfida di separarci dal passato; di accettare quello che non possiamo cambiare, di piangere per una perdita, di percepire il significat­o di una colpa, di proiettarc­i con entusiasmo nel futuro, di commuoverc­i per una lettera ritrovata, per una nota o per un profumo. Così solo muteremo il destino che sembrerebb­e già scritto. Continua la Atlas: «Vi invito a seguirmi per spezzarne il silenzio, per rintraccia­re e scoprire fantasmi che limitano la libertà di seguire i nostri sogni e di creare, amare e vivere alla massima espression­e».

 ?? ?? Egon Schiele «La famiglia», 1918, conservato nel Museo Österreich­ische Galerie Belvedere di Vienna
Egon Schiele «La famiglia», 1918, conservato nel Museo Österreich­ische Galerie Belvedere di Vienna

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy