Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Nonni? E se fosse colpa dei
La distanza tra padri e figli implica una estraneità necessaria che è cambiata. Ariès, uno degli storici più attenti della struttura familiare nei secoli, afferma che «la famiglia si è liberata nel tempo della componente biologica e di quella giuridica, per diventare un valore, un campo di espressione, una fonte di emozioni»; è diventata «un sentimento». Negli ultimi anni, abbiamo dilatato l’investimento emotivo e l’ansia di prestazione sui figli, tanto da farci perdere di lucidità. Ragazzi eccessivamente protetti dagli eventi avversi non saranno mai attrezzati a crescere e ragazzi confusi, nel vasto e contraddittorio ventaglio delle pratiche di vita nelle quali sono immersi, difficilmente sapranno orientarsi. Non sono convinta, però, che concentrare l’osservazione della crescita formativa nel rapporto genitori-figli sia sufficiente. Non ci basta più il qui ed ora, e credo che dovremmo imparare a utilizzare uno sguardo storico e diacronico per comprendere meglio le relazioni familiari.
«I genitori tendono a vivere dentro noi [figli] senza il nostro permesso», ma anche i nonni vivono nei genitori e nei nipoti «senza permesso» (Atlas). Le loro esperienze non si possono raccontare, le esperienza si «vivono», ed il ruolo della famiglia è di offrire una «officina di esperienze» al vissuto dei suoi componenti più giovani.
Tutti noi siamo il risultato di relazioni iscritte in una storia che si dipana oltre il nostro tempo e lungo le generazioni. L’esperienza vissuta in famiglie allargate o nucleari, con genitori separati o assenti, nelle mura di una casa o in un cortile o in un quartiere, ci fornisce una chiave interpretativa della costruzione dell’io molto diversa. Gli scenari familiari manifestano un modo di vivere e di pensare che viene trasmesso per osmosi, e che quasi sempre resta tacito.
Continua la Atlas: «All’origine della nostra incompiutezza ci sono storie mai raccontate, suoni messi a tacere» e solo un lavoro riflessivo può offrire nuove forme di consapevolezza. Al punto che un suo paziente afferma, stupito: «sinceramente non l’avevo mai pensato in questo modo». Il nostro percorso intergenerazionale è reso, oggi, più chiaro dall’avanzare progressivo delle neuroscienze. Le esperienze cognitive traumatiche, in particolare quelle che producono l’ormone dello stress (il cortisolo), agiscono sui meccanismi biologici tracciando un’impronta chimica nei geni di una persona, tale che questa impronta possa essere trasmessa di generazione in generazione (Icahan School of Medicine ed Mount Sinai Hospital). L’eredità emotiva (Galit Atlas) costruisce il nostro io proprio grazie alle tracce emotive che la nostra storia familiare ha impresso a livello molecolare.
Questa «memoria» è trasmessa da una generazione all’altra, influenzando anche geneticamente la vita dei figli e dei nipoti. Ereditiamo trasformazioni che ci rendono particolarmente esposti a sintomi dei quali non sempre siamo in grado di riconoscere l’origine: mal di testa, ossessioni, fobie, pianti irrefrenabili sono le cicatrici dei traumi che abbiamo ereditato, rendendoci quello che siamo.
Questa prospettiva evoluzionistica si costruisce nel tempo delle tante generazioni con le quali entriamo in relazione, a volte anche solo sentendone parlare. È il clima di famiglia che viene da lontano — anaffettivo, rigido, solidale, rabbioso, frustrante, accogliente, gretto o culturalmente aperto — ad avere una forte incidenza emotiva. I silenzi, gli abbracci, le distanze personali, gli abbandoni, le curiosità, le speranze, i litigi vis
Nel cinquecentesco Palazzo Caracciolo di Avellino, in Largo Proprio di Avellino (decumano detto dell’Anticaglia) da oggi al 30 marzo due nuove mostre. Interpreti di storie antiche e protettrici di Napoli, le figure mitiche sono protagoniste di «Phtongos», personale del marchigiano Fabrizio Cotognini, curata da Lorenzo Benedetti, al terzo piano della Fondazione Morra Greco. Il titolo evoca il suti nei pranzi di Natale, nelle vacanze dai nonni, nei ritorni a casa rimangono sottotraccia, riaffiorando nella nostra mente e nel nostro corpo.
Don’Antonio Piscopo e zia Memè di Sabato, domenica e lunedì, fino ai nipoti, passando per i genitori, offrono ai nostri occhi un percorso diacronico e pur sempre contemporaneo, nel quale viene scritta una storia, permettendoci di disvelare misteri, trasgressioni e verità nascoste di una famiglia. Prendere il nome dei nonni non ha solo un valore anagrafico, ma esprime la volontà che il nipote sia riconosciuto come un filo che si vuole annodato; ma che si può anche voler rompere. Quello che non sappiamo riconoscere ci impedisce, però, di rielaborare questa pesante eredità intergenerazionale, inchiodandoci al nostro destino.
Rivisitare alcune delle intriganti biografie riportate in canto: e infatti una delle parole usate da Omero per descrivere la voce delle Sirene. In
invece, la cubana Eileen Noy narra la temporalità, offrendo una visualizzazione formale di una lentezza contemplativa che rifiuta il tempo come parametro di produttività, rintracciando anche un legame sotterraneo tra l’isola di Cuba e la città di Napoli.
Nevrosi e Genialità offre un grande insegnamento. Spesso sono veri grovigli intergenerazionali, che vi invito a leggere e, se necessario, a rileggere.
È il clima familiare che ha trasformato Aurore Dupin nello pseudonimo maschile di George Sand, ed è legato proprio alla sua complessa genealogia. Un viluppo non solo di status, ma di senso della vita, dove l’aristocrazia della nonna Aurore e l’origine plebea della madre, Sophie, discussa moglie del padre Maurice — a sua volta nipote del figlio naturale del re polacco Federico Augusto II — rende il conflitto violentissimo tra le due donne per il dominio affettivo ed intellettuale di Maurice e della giovane Aurore. Un’atmosfera familiare che scrive il destino di Geoge Sand e ne diventa il copione della sua vita e dei suoi romanzi.
Così come Hitler descrive il padre come «impiegato statale zelante del dovere», sottomesso e amorfo, dopo aver mancato di realizzare la sua allucinazione «di diventare superiore». Il clima familiare, con un padre fallito, «beone e tiranno», davanti al quale sfuma ogni dignità umana, dove la madre e i fratelli dovevano «stare sempre sull’attenti», portano Adolf a non poter essere «niente di meno» di un Fuhrer.
Le emozioni hanno un effetto profondo su quello che i figli e i nipoti diventeranno, perché ogni biografia emozionale viene trasmessa attraverso le nostre menti e i nostri corpi. Natura e cultura si compenetrano negli esseri umani; reagiamo all’esperienza a livello molecolare, creando una complessa «memoria» genecambiamento tica. Tuttavia, dobbiamo prendere coscienza degli stress emotivi profondi scritti in noi lungo il tempo di molte vite, intraprendendo un lavoro di ricerca su di sé «che può cambiare e modificare gli effetti biologici del trauma».
La rete di storie che risalgono a prima della nostra nascita è la nostra eredità emotiva tacita, nella quale è inestricabilmente intrecciata la nostra storia personale attuale. Allora, si chiede la Atlas, «Perché così tante persone vogliono l’amore e non riescono a trovarlo? Vogliono una carriera, ma non riescono a emergere? Vogliono progredire, ma rimangono imbrigliati nello stesso pattern che si ripete più e più volte?». Perché, dunque, vivere la vita è così complesso? Perché prevale sempre più spesso la resistenza al
Un passato non elaborato, dove i segreti di famiglia continuano a vivere in noi blocca anche le vite dei figli
che «ci trattiene nel ruolo di guardiani della nostra storia»?
Un passato non elaborato, dove i «vecchi segreti di famiglia continuano a vivere dentro di noi», tradisce le potenzialità nostre e dei figli. Per andare avanti dobbiamo affrontare la sfida di separarci dal passato; di accettare quello che non possiamo cambiare, di piangere per una perdita, di percepire il significato di una colpa, di proiettarci con entusiasmo nel futuro, di commuoverci per una lettera ritrovata, per una nota o per un profumo. Così solo muteremo il destino che sembrerebbe già scritto. Continua la Atlas: «Vi invito a seguirmi per spezzarne il silenzio, per rintracciare e scoprire fantasmi che limitano la libertà di seguire i nostri sogni e di creare, amare e vivere alla massima espressione».