Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pompei, rimossi gli abusi edilizi Alla luce nuovi resti a Villa dei Misteri
I ritrovamenti grazie all’intesa Parco-Procura. Ribadito l’impegno per riportare in Italia il Doriforo di Stabiae
POMPEI Una sorta di Art bonus, cioè di erogazione di risorse private a sostegno delle cultura, ante litteram. Il direttore del Parco archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel mostra con una certa emozione una lettera, conservata in un faldone dell’amministrazione del sito archeologico, che documenta la richiesta indirizzata il 7 febbraio 1929 dall’allora soprintendente Amedeo Maiuri alla presidenza del Banco di Napoli per chiedere un contributo di 50 mila lire necessarie per portare a termine lo scavo e la sistemazione della Villa dei Misteri. Il ritrovamento dei primi resti della dimora suburbana, nota in tutto il mondo per gli affreschi a tema dionisiaco, era avvenuto una ventina di anni prima ad opera di un privato, il proprietario del fondo.
Ora, pochi mesi dopo l’abbattimento di due edifici abusivi (una casa e un ristorante) che insistevano nell’area della Villa, sono emersi alcuni cunicoli scavati da tombaroli e i resti di un altro complesso di epoca romana. «Saranno effettuati — annuncia Zuchtriegel — altre indagini per comprendere le dimensioni dell’edificio e successivamente riportarlo alla luce. Ma poiché l’intervento non rientrava nella programmazione del Parco abbiamo preso contatti con la Fondazione Banco di Napoli per vedere se è possibile ricevere un sostegno».
Dopo un secolo, dunque, la storia si ripete. Così come duemila anni dopo l’eruzione del Vesuvio il sito archeologico continua a riservare sorprese. Al momento non è dato pronosticare cosa potrà venir fuori. «Non aspettiamoci un ciclo di affreschi come quello della Villa dei Misteri», ammonisce Zuchtriegel: «Ma il piccolo saggio effettuato nell’area liberata dagli abusi ha prodotto risultati incoraggianti».
Già è venuto alla luce un pezzo del muro perimetrale nord della Villa, della quale un settore, probabilmente il quartiere servile, era rimasto inesplorato dopo gli scavi sistematici condotti da Maiuri tra il 1929 e il 1931. A nord della dimora corre una piccola strada campestre, da identificare con la cosiddetta via superior, una ramificazione della via per Ercolano. Sull’altro lato della strada, al di sotto dell’area di sedime della casa abusiva abbattuta, ci si è imbattuti nei resti di un ulteriore complesso, dei quali finora si conoscono due muri e un criptoportico.
Le indagini sono proseguite anche nell’altro sito suburbano di Civita Giuliana, che già era assurto a notorietà internazionale per il ritrovamento di un carro cerimoniale, della stalla (con relativi calchi di cavalli) e della stanza degli schiavi. Attualmente le indagini sono concentrate nel settore nord-orientale del quartiere servile, nel quale stanno emergendo altri corpi di fabbrica.
Questi progressi nella conoscenza dell’antica Pompei sono stati resi possibili dall’attuazione di un ulteriore protocollo d’intesa tra la procura della Repubblica di Torre Annunziata, guidata da Nunzio Fragliasso, e il Parco. L’oggetto della nuova intesa, che fa seguito a quelle riguardanti la lotta all’attività dei tombaroli, è appunto il contrasto dell’abusivismo edilizio nella zona. La Procura ha dato il via libera all’abbattimento che è stato finanziato con risorse del Parco ed eseguito in tempi brevi.
I reperti Nell’area della villa suburbana sono emerse le tracce di un complesso sconosciuto
La statua Continuano gli sforzi per far rientrare da Minneapolis la copia dell’originale greco
Nel corso del briefing, il procuratore Fragliasso ribadisce anche l’impegno dell’Ufficio da lui guidato per riportare in Italia il Doriforo (portatore di lancia) di Stabiae, preziosa scultura marmorea, copia dell’originale bronzeo dell’artista greco Policleto, trafugata da sito stabiano e arrivata negli Stati Uniti dove è esposta nel Museo di Minneapolis, nel Minnesota, che l’ha acquistata negli anni Ottanta dal mercante d’arte svizzero Elie Borowski. Fragliasso ha ricordato che la Procura ha già ottenuto dal Gip il provvedimento di confisca, che ha raccolto e prodotto prove incontestabili della mancanza di buona fede nell’acquisto dell’opera che ha trasmesso ai legali del museo statunitense, e che, proprio recentemente, ha riproposto la richiesta di rogatoria per il rientro del Doriforo. «Mi risulta — afferma — che si tratti di una priorità anche per il ministero. In queste vicende giocano un ruolo importante anche le relazioni diplomatiche».
Caro direttore,
non mi rassegno all’idea che Valter Mazzarri sia stato trattato come «la sporta del tarallaro», per dirla alla napoletana, dal presidente del Napoli. O con una spietatezza irricevibile per dirla con maggiore chiarezza. I problemi della squadra di calcio azzurra non sono riconducibili a questo allenatore cui è stato chiesto l’impossibile e credo che De Laurentiis dovrebbe prendere lezioni di impresa sportiva, oltre che di stile, dalla Gevi basket.
Caro signor Baretta,
L’esonero di Mazzarri, a mio modesto avviso, era necessario. Nel calcio, come in ogni altro sport, contano i risultati. E i risultati sentenziavano, in maniera inoppugnabile, il fallimento del tecnico toscano, che era riuscito a fare peggio anche del vituperato Garcia, trascinandoci dal quarto al decimo posto. Inoltre la squadra in campo appariva confusa, priva di grinta, incapace di costruire un gioco vincente. Sia chiaro, a Mazzarri dobbiamo dire grazie per aver accettato una sfida impossibile e aver mostrato il grande amore che lo lega alla città e alla maglia azzurra. Tuttavia il tempo è un giudice impietoso che non si cura dei sentimenti e divora chiunque tenti di affrontarlo. Non esiste passato che possa essere coniugato al presente. Lo stile con cui è stato condotto l’avvicendamento in panchina è tutto un altro discorso. Fossi stato al posto di Mazzarri, avrei dato le dimissioni per evitare di essere congedato in diretta alla vigilia del match con il Barcellona. Ma ciascuno è padrone delle sue scelte. L’unica incontrovertibile verità è che il terzo cambio di allenatore certifica il fallimento di una stagione che ha visto Aurelio De Laurentiis ergersi a piccolo imperatore. Come un novello Nerone rapito dal suo irrimediabile narcisismo, il presidente ha incendiato il ricordo del terzo scudetto e ridotto in cenere l’entusiasmo dei tifosi. In un impeto di onnipotenza ha creduto di poter fare tutto da solo o, al massimo, in famiglia. Nessuna azienda, però, può avere successo se manca una struttura imprenditoriale, se competenza e managerialità soccombono di fronte a improvvisazione e arroganza. L’addio di Giuntoli e Spalletti, stanchi delle continue ingerenze, è stato colpevolmente sottovalutato. De Laurentiis, spesso a ragione, accusa il calcio italiano di non voler modernizzarsi ma poi, in casa sua, adotta l’arcaico modello dell’uomo solo al comando. Una bella contraddizione, non le pare? Speriamo che questo calvario serva da lezione per l’anno prossimo. Dico speriamo perché con Adl nulla è sicuro.