Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La depressione post-Sanremo
Per non dire del contestato canto napoletano del celeberrimo Geolier, che pare riempia gli stadi come Madonna ai tempi d’oro.
A prescindere dal merito (piuttosto insulso) delle polemiche suddette, quel che spicca nel rimbalzo delle chiacchiere in questione è un atteggiamento (questo abbastanza inedito) di aperta ostilità verso la canzone e soprattutto i cantanti che timidamente cerchino di manifestare una posizione politica. Come dire: l’artista impegnato ha fatto il suo tempo, bambini; tornate alla canzonetta innocuamente amorosa; moderate le dichiarazioni e soprattutto cancellate la politica dal vostro vocabolario.
Il cantante, insomma, canti o taccia per sempre.
Davanti a posizioni così retrive e ridicole, la mia memoria sanremese mi richiama l’esibizione di un artista agli inizi della carriera, accompagnato da un violinista che suonava una melodia romanticamente orecchiabile cadenzando le strofe di una canzone molto diversa dalle altre in gara che raccontava di una ragazza madre che come massimo gesto d’amore verso un bambino concepito con un soldato di passaggio decide di chiamarlo addirittura Gesù bambino (anzi: «Gesubambino», che poi era il titolo originale del brano).
L’artista, manco a dirlo, era Lucio Dalla. Oggi, con la povera aria che tira, una canzone indimenticabile come «4 marzo 1943», la cui strofa finale recitava, nell’originale, pensate un po’: «E ancora adesso che bestemmio e bevo vino/ per i ladri e le puttane sono Gesubambino», dedicata a una ragazza di sedici anni che chiama suo figlio col nome del creatore, sarebbe come minimo accusata di blasfemia e oscenità.
Solo a pensarlo viene quasi da ridere, ma di sconforto, per come ci stiamo riducendo. E la nostalgia di Sanremo, di colpo, si spegne.
A sabato prossimo.
"L’artista impegnato Quel che spicca nel rimbalzo delle chiacchiere è un atteggiamento (questo abbastanza inedito) di aperta ostilità verso la canzone e soprattutto i cantanti che timidamente cerchino di manifestare una posizione politica