Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Vorrei Capodimonte come il Getty di Los Angeles: non disgiunto dalla città Io sindaco? Un’eventualità»
Il direttore: «Ci sono i lavori, ma decine di sale restano aperte»
NAPOLI «Napoli è sempre stata il mio luogo del cuore. La candidatura a sindaco di Firenze al momento è solo un’eventualità». Parola di Eike Schmidt, già alla guida degli Uffizi di Firenze e da gennaio neo direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, subentrato a Sylvain Bellenger.
Intervenuto ieri al convegno Fai, Schmidt ha ricordato l’esperienza fiorentina soffermandosi sui Giardini di Boboli che erano aperti a tutti «tranne che per una piccola parentesi nel regno d’Italia, quando solo le mamme con figli piccoli potevano entrare: era un espediente legato alla natalità. I Giardini erano un luogo sociale come è oggi Capodimonte, ma non ancora il museo».
Direttore, intanto Capodimonte riparte con la donazione di Lia Rumma. Che valore ha per il museo e quando sarà aperta al pubblico?
«Si tratta di capolavori che documentano ai massimi livelli
Direttore di Capodimonte è fondamentale che il suo lavoro venga intensificato. Ora si tratta di mettere in atto idee per il museo stesso che non ha invece quella frequentazione che avrebbe dovuto avere a partire dal primo momento di rilancio. A un certo punto si è inceppata la macchina e bisogna vedere come intervenire».
Secondo lei è un problema di mezzi pubblici e di scarsi
ze». Nel progetto sono state coinvolte, come parte attiva, anche le famiglie, includendo così anche i genitori nel percorso di riscatto dei figli. «È stato meraviglioso - racconta il padre di uno dei ragazzi vedere mio figlio con un obiettivo. Prima di questo progetto non aveva un futuro, oggi può trovare il suo posto nel mondo». Le aziende che hanno aderito a Se.Po.Pas. hanno trovato un rimedio concreto alla mancanza di manodopera e «Sono anni racconta Giovanni Improta della pizzeria al 22 - che diamo un contributo a questi percorsi e oggi ho due dipendenti assunti che vengono da questo progetto. Loro da noi imparano l’etica del lavoro, l’importanza del sacrificio e trovano una strada diversa per costruire la loro vita».
In una città dove i giovani, anche i più formati, spesso
collegamenti col centro città?
«Sono il direttore del museo, non posso rispondere della mancanza o meno di mezzi pubblici anche se ho intrapreso un dialogo molto positivo con il sindaco Manfredi per agevolare il collegamento di Capodimonte con il resto della città. Ma non basta solo questo, ci sono anche molti napoletani che vorrebbero venire con l’auto e
non hanno opportunità le storie dei ragazzi di Se.Po.Pas. sembrano un miracolo. «Quello che abbiamo fatto non è un miracolo — spiega Giovanni Laino, progettista nazionale di Se.Po.Pas. —, certo non è stata una passeggiata e abbiamo dato a questi ragazzi una possibilità, intervenendo lì dove le scuole falliscono, essendo spesso espulsive. Oltre il 16% degli studenti abbandona gli studi superiori e nelle zone più disagiate del Sud si raggiungono valori doppi di Neet. Da anni a Napoli diversi enti del terzo settore lavorano per il Comune o con risorse delle fondazioni, per offrire una sponda a questi giovani, con percorsi di risarcimento morale, psicologico, con cui si prova a far superare una forte disistima soprattutto nella scuola».
Degli 85 partecipanti al progetto, che si è svolto anche a non trovano parcheggio».
Come fa però un museo cittadino tanto importante a essere così lontano dal cuore della città?
«Capodimonte non è mai stato nel cuore della città, già nel Settecento i viaggiatori scrivevano quanto fosse difficoltoso arrivare fin lassù. Certo non era un’acropoli ma un luogo di ritiro; oggi, con la città metropolitana sviluppatasi tanto, ha una posizione che non dovrebbe esser così disgiunta dalla vita sociale dei cittadini».
Lei cosa si aspetta?
«Vorrei che diventasse come il Getty Museum di Los Angeles che pure è stato costruito su una montagna fuori dalle strade cittadine ma dove gli abitanti vanno comunque a visitarlo. Spero che qualcosa di simile possa succedere anche qui. Intanto, io dal Mann arrivo a piedi fino a Capodimonte ed è una bella passeggiata, non è impossibile raggiungerlo».
Vuole fare un appello ai napoletani?
«Sì, venite a Capodimonte e ricordate che non siamo affatto chiusi. Anche durante i lavori attuali ci sono dozzine e dozzine di sale aperte, migliaia di capolavori da ammirare e, anche se ci sono una settantina di opere in prestito al Louvre, quelle che rimangono sono straordinarie».
Lei sa che questa città soffre di crisi d’abbandono. Non è che poi se ne va a fare il sindaco di Firenze e lascia tutto così?
«Da gennaio sono qui quasi ogni settimana, lavoro sodo. Ho fatto tante vacanze a Napoli prima di assumere l’incarico di direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, sarebbe difficile lasciarla. Per il momento la candidatura come sindaco di Firenze è solo un’eventualità».
Messina e Reggio Calabria, 24 hanno già un lavoro. Sulla scorta dei numeri Marco Rossi Doria, presidente di “Con i Bambini”, auspica «che Se.Po.Pas. diventi un modello replicabile e adattabile in altri contesti, facendo diventare le metodologie innovative sperimentate ad altri enti e organizzazioni che si occupano di Neet». Un auspicio che sembra già essere diventato realtà nelle parole di Luca Trapanese, assessore al Welfare del Comune di Napoli: «Se.Po.Pas. è un modello vincente — ha commentato —, per questo come Comune vogliamo recuperare queste esperienze mettendo fondi e impegnandoci con le nostre strutture tecniche, perché dare anche ad un solo ragazzo un’opportunità positiva significa far del bene per l’intera comunità».