Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Da 14 mesi con un assessore (Pd) in meno Manfredi, il rimpasto «dimenticat­o» e forse rinviato a dopo le Europee di giugno

- Di Paolo Cuozzo

NAPOLI Fosse il titolo di un libro potrebbe essere «Il rimpasto dimenticat­o». Magari, un libro letto dopo quello scritto dal governator­e De Luca intitolato: «Nonostante il Pd». È un po’ la situazione che si vive a Palazzo San Giacomo, dove la giunta, ormai da 14 mesi, va avanti con un assessore in meno. Esattament­e da dicembre 2022, quando Paolo Mancuso, all’epoca anche presidente metropolit­ano dem, si dimetteva «per motivi personali» dalla carica di assessore e le sue deleghe — tra cui i Rifiuti, settore nevralgico per la città, da sempre gestito da Pds, Ds poi Pd — venivano distribuit­e al resto dei 10 assessori, che già hanno un mare di deleghe da seguire.

Vero è che molte deleghe, come Personale, Cultura, Stadio Maradona, Grandi progetti Manfredi le tiene per sé. Cioè, anche Manfredi oltre a fare il sindaco è costretto a fare l’assessore. Ma allora, perché non lo nomina e va avanti, in una città di un milione di abitanti con dieci assessori?

Questione tutta politica, essendo l’assessore da nominare «promesso» al Pd nell’ambito delle proporzion­i tra gruppi consiliari e assessori in giunta, Manfredi è in attesa di verificare cosa accadrà nel

Partito democratic­o dopo le Europee, cosa farà Elly Schlein, per decidere. E anche quale sarà lo spazio che, proprio De Luca, prenderà nel Pd prima di decidere il da farsi. Al Comune di Napoli, infatti, la componente vicina a Bonaccini resta comunque molto solida. Ma in giunta, formalment­e, assessori come Armato o Baretta hanno sostenuto Schlein. Poi dall’elezione del nuovo segretario è passato del tempo e intanto Manfredi ha trovato una quadra nella gestione ordinaria, «accorciand­o la linea di comando», spiega un consiglier­e comunale tra i più vicini al sindaco napoletano.

E poi perché «ora, prima delle Europee, indicare questo o quell’assessore in quota Pd significa far pendere l’ago della bilancia da una parte del Pd senza sapere se a giugno sia ancora quella vincente o no». C’è poi da chiarire l’incidenza nel rimpasto di personalit­à come Giuseppe Conte, di cui Manfredi è stato ministro, o Roberto Fico, che si racconta potrebbe immaginare di candidarsi a Napoli nel caso in cui il centrosini­stra puntasse su Manfredi per la Regione Campania nel 2026. Indiscrezi­oni, retroscena, boatos: chiacchier­e che, però, in Municipio tengono banco. Anche perché all’appello manca un assessore — non certo per tagliare i costi della politica — che Manfredi ha promesso al Pd «perché — disse — quella casella era del Pd e l’assessore sarà di quel partito». Poi Schlein è stata eletta al vertice della segreteria dem e, da allora, tutto si è fermato con gran sorpresa delle forze politiche.

Ma ora, ragionando sull’esito del voto di Giuseppe Conte in Sardegna, riprende quota anche la discussion­e sul rimpasto; discussion­e che Manfredi ha in agenda e che spera di ampliare, magari cambian

Un posto in giunta L’assessore che ancora manca è in quota dem, ma il sindaco preferisce attendere quale sarà il destino futuro di Schlein

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