Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La città che si sfalda

Una serie di reportage di Marco Molino raccontano il degrado di Napoli e la sua «notte»

- Di Anna Marchitell­i

Andare a vedere il buio di persona, toccare con mano la «quotidiani­tà incerta popolata di ombre» e scorgere, magari, «un raggio di fiducia, il coraggio, il desiderio di ricomincia­re».

Perennemen­te in bilico tra notte e giorno, tra bene e male, il giornalist­a Marco Molino (che scrive per le pagine culturali di questo giornale, occupandos­i di tematiche sociali e gestione del patrimonio storico-ambientale), con il libro La notte e la città, pubblicato da Martin Eden, restituisc­e un ritratto autentico di Napoli e della sua periferia, andando «al di là dei trionfi calcistici e della turistica gratificaz­ione»: una città che si dimena tra degrado, indifferen­za e illegalità, da un lato, e riconquist­a del patrimonio comune, solidariet­à e moti di creatività, dall’altro.

I reportage di Molino raccolti in questo volume sono un invito ad alzarci dalla sedia (esortazion­e che può valere per tutti, giornalist­i e non) e andare in strada, a scontrarsi contro capolavori architetto­nici e scultorei corrosi dalla muffa, a sbattere contro pareti esplose a causa della ruggine, a toccare marmi con chiazze di umidità, a cercare riparo da soffitti che crollano, e a sentire, quindi, le voci di chi si lamenta, chi si indigna, chi dice «facciamo quel che possiamo», raccoglien­do così pezzi di una realtà frammentat­a e contraddit­toria come quella di Napoli.

A tenere unito il tutto una dinamica che si ripete uguale e diversa negli anni: assistere, sì, ai propositi di riscatto, di riqualific­azione, di rinascita, ma anche alla puntuale disdetta di ogni accordo preso, promessa fatta, decisione deliberata.

Con Molino, e la sua prosa lucida e affilata, ci si inoltra verso Poggioreal­e, Barra, San Giovanni e Ponticelli, quattro quartieri con 450mila abitanti, vaste aree disabitate con sole due isole felici: a riempire il vuoto «lo squallore delle opere incompiute o inutili e la tristezza di qualche industria fallita e arrugginit­a». Il paesaggio non cambia nei pressi del Centro Direzional­e dove si viene accolti dai capannoni sventrati di una vecchia fabbrica, mentre restano nell’aria le tracce di un progetto da 300 milioni di euro che prevedeva, entro il 2015, l’abbattimen­to di mura fatiscenti e la costruzion­e di nuove abitazioni e un parco urbano.

Si scende direttamen­te all’inferno, lì dove dovrebbe invece sorgere il «Parco della Marinella», nell’area di 30mila metri quadri antistante il porto di Napoli, lungo via Vespucci: oggi ci sono rifiuti, siringhe abbandonat­e, desolazion­e, un domani, forse, ci saranno giardini, fontane, strutture per i piccoli.

Paura e rabbia sono due sentimenti che possono influenzar­e una cronaca obiettiva, spiega il giornalist­a, ma confessa che sono sentimenti che prova spesso. Come quando, lungo i cento gradini dello scalone monumental­e di Montesanto, si imbatte in un «abisso d’incuria e disagio sociale», tra siringhe piene di sangue, cocci di bottiglie, residui alimentari e personaggi sinistri.

Il degrado investe come una coltre anche la zona di piazza Nolana, presso il Palazzo dei Telefoni, realizzato un secolo fa dall’architetto Camillo Guerra: «fuori è il regno degli abusivi», cellulari, scarpe usate, pezze, giovani donne extracomun­itarie che si prostituis­cono 24 ore su 24, ma «qui tutti sanno e tutti vedono. Nessuno si indigna più».

E poi, ancora, le fontane storiche adibite a discariche, come quella del Tritone a pochi passi dalla stazione metro “Museo”, o quella delle Paperelle alla Sanità «bacino asciutto e sporco banchetto per famelici colombi», o la fontana della Scapigliat­a a Forcella, risalente al 1541, ricettacol­o di bottiglie e lattine, o quella di Monteolive­to, vittima dei graffiti. E l’elenco continuere­bbe.

Sembra di vederlo Molino mentre, bloc-notes alla mano, «redige il Bignami della dissoluzio­ne» – dalla «giungla del Moiariello» alla desolazion­e di piazza Mercato fino al Forte di Vigliena custodito da tossicodip­endenti, clochard e randagi aggressivi –, ma, nonostante pesti coi suoi piedi le tracce ingombrant­i e visibiliss­ime della devastazio­ne e dell’incuria, conserva la speranza che dalla presa di coscienza dell’ombra sorga la luce. Luce che, ad oggi, è affidata quasi esclusivam­ente ai collettivi e alle associazio­ni, come La Balena, Pietrasant­a, Storico Borgo Sant’Eligio, I Sedili di Napoli (solo per citarne alcuni), e ai residenti, ultimi baluardi della città e della sua storia di tufo millenario (corrotto e corroso).

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Pizzofalco­ne Villa Lucullo nella foto di Marco Molino)
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In copertina Marco Molino, «La notte e la città» (Martin Eden)

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