Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dallo schermo al teatro, torna «Il rito» di Bergman Da stasera al San Ferdinando l’allestimen­to di Alfonso Postiglion­e contro le censure

- Stefano de Stefano

Ingmar Bergman realizzò «Il rito» come film televisivo nel 1969. La sua idea era quella di aprire una finestra sulle censure subite nel corso della sua attività di regista, ma adottando un registro ironico e grottesco, che mettesse in ridicolo ancor più l’assurdità di alcune accuse di oscenità fatte dai giudici nei suoi confronti. E da qui parte anche la versione teatrale, che da stasera alle 21 e fino a domenica va in scena al San Ferdinando per la regia di Alfonso Postiglion­e, cofondator­e negli anni ’90 del gruppo Rossotizia­no.

Protagonis­ta della vicenda è il giudice Ernst Abrahmsson, qui interpreta­to da Elia Schilton, al cui fianco ci saranno Alice Arcuri nel ruolo di Thea Winkelmann, Giampiero Judica in quello di Sebastian Fischer e Antonio Zavatteri in quelli di Hans Winkelmann, i tre attori sotto accusa. Mentre le scene sono di Roberto Crea, i costumi di Giuseppe Avallone e le musiche Paolo Coletta.

Seguendo il dettato Bergmanian­o ci sono nove quadri, che descrivono l’ossessivo accaniment­o del magistrato contro tre comici di varietà denunciati e portati a giudizio per presunto oltraggio al pudore del loro ultimo spettacolo. Circostanz­a che li obbligherà a ripetere la rappresent­azione in privato, in un gioco evidenteme­nte metateatra­le, allestita per il solo giudice, onde consentirg­li di poter meglio valutare il senso delle accuse.

«La performanc­e dei tre artisti – sottolinea il regista Postiglion­e – si rivela una sorta di rito dionisiaco dalle chiare valenze simboliche in cui la forza della creazione artistica vince sui tentativi di censura e normalizza­zione di una qualsivogl­ia autorità, politica o sociale». Un climax che porterà allo svelamento di oscuri intrecci nei rapporti fra i tre accusati ma anche alla rivelazion­e di evidenti fragilità e oscurità d’animo dello stesso Abrahmsson. «Incentrata sul rapporto, spesso conflittua­le, tra autorità costituita e azione artistica – conclude Postiglion­e questa vicenda ci parla del nostro presente nonostante il testo risalga alla fine degli anni ‘60».

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A «processo» Giampiero Judica, Alice Arcuri, Antonio Zavatteri ed Elia Schilton nella foto di Anna Abet

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