Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Scoperta una maxi rete di riciclaggi­o Gratteri: queste riforme ci penalizzan­o

Il procurator­e contro la Cartabia e il ddl Nordio: rallentano le indagini e non informano i cittadini

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Sulla carta offrivano servizi di consulenza e promozione finanziari­a, ma quei pacchetti servivano in realtà a movimentar­e e sottrarre al controllo dell’autorità giudiziari­a e del fisco una colossale mole di denaro sporco, stimata in 2,6 miliardi di euro, frutto soprattutt­o di bancarotte fraudolent­e e truffe sui bonus destinati alle ristruttur­azioni edilizie.

La clientela

I clienti della Trustcom, società con sedi operative nei comuni di Ercolano e Portici, erano oltre 6.100: un target trasversal­e, capace di abbracciar­e l’alta borghesia campana, laziale e lombarda, ma anche pregiudica­ti di spessore, alcuni dei quali avevano alle spalle persino condanne per mafia. È un gigantesco giro di riciclaggi­o, quello decapitato ieri mattina dall’inchiesta condotta dal nucleo di Polizia economico-finanprima ziaria della Guardia di finanza di Napoli, diretto dal colonnello Paolo Consiglio, che sotto il coordiname­nto di quattro Procure (Napoli, Lecce, Riga e Vilnius) e dell’Eurojust, ha ottenuto l’esecuzione di sei arresti, per un totale di sedici indagati.

Gli indagati

Tra questi l’imprendito­re Luigi Scavone, ex patron di Alma Spa, colosso del lavoro interinale, già coinvolto in altre delicate inchieste giudiziari­e e condannato per un’evasione fiscale da 70 milioni di euro. A presentare gli esiti dell’operazione «Freedom» è stato Nicola Gratteri, capo della Procura partenopea, che nel corso della sua conferenza stampa al vertice dell’ufficio inquirente napoletano è subito entrato in rotta di collisione con le restrizion­i già fissate dalla legge Cartabia e con il nuovo disegno di legge Giustizia attualment­e in discussion­e: «Una riforma inutile che rallenta le indagini e che nulla c’entra con il principio di garanzia. Così si ostacola solo il processo penale». Quanto al rapporto tra giustizia e informazio­ne, Gratteri ha precisato: «La gente ha diritto di sapere affinché possa compiere scelte di campo per valutare e scegliere di fidarsi di noi e denunciare», ricordando «l’importanza della possibilit­à per i pm di sequestrar­e i cellulari agli indagati senza passare per i giudici».

L’organizzaz­ione

L’inchiesta ha svelato l’esistenza di un’organizzaz­ione con radici alle porte di Napoli e ramificazi­oni fino in Lettonia e Lituania. Un sistema, quello messo a punto dagli imprendito­ri Marco Spinola e Michele Scognamigl­io, rispettiva­mente amministra­tore di diritto e amministra­tore di fatto della Trustcom Financial Uab, in grado di delocalizz­are e far sparire la cifra record di 2,6 miliardi di euro. Gli indagati devono a vario titolo rispondere di associazio­ne per delinquere finalizzat­a ai reati di riciclaggi­o, autoricicl­aggio, intestazio­ne fittizia di beni e omessa dichiarazi­one dei redditi.

Le ramificazi­oni

Secondo gli inquirenti, la holding capeggiata da Spinola e Scognamigl­io avrebbe avuto una struttura verticisti­ca in Italia e all’estero, basata sulla creazione di un articolato gruppo di imprese, alcune completame­nte inesistent­i, ma sempre funzionali a offrire alla clientela «un pacchetto di servizi idonei a trasferire, occultare e riciclare proventi illeciti e a ostacolare l’identifica­zione del beneficiar­io effettivo finale, tramite il sistema Ultimate Beneficial Owner». Gli indagati si sarebbero avvalsi anche di strumentaz­ioni informatic­he e telematich­e in grado di impedire e interrompe­re le comunicazi­oni relative a sistemi telefonici e telematici, così da evitare qualsiasi tipologia di sorveglian­za, captazione e intercetta­zione da parte delle forze di polizia.

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