Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Il gioco del buio» Mussolini racconta la sua famiglia

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Al Circolo Canottieri oggi alle 18 si presenta il libro «Il gioco del buio» di Alessandra Mussolini, edito da Minerva. Con l’autrice, Cristiana Barone, Toni Iavarone ed Ermanno Corsi. Saluto del presidente della Canottieri Giancarlo Bracale. Alessandra Mussolini racconta da scrittrice per la prima volta con «Il gioco del buio» i difficili rapporti familiari tra le figure più importanti della sua vita, le cui storie hanno come sfondo l’amore, spesso tradito. Il libro diventa il vissuto di due famiglie con figure femminili forti e decise, che hanno segnato la storia del nostro Paese, come Rachele Mussolini, il figlio Romano, papà di Alessandra, e Maria Scicolone, la mamma e anche sorella Sophia Loren. Niente politica, nessun accenno al nonno: il libro si snoda nell’Italia degli anni ‘60 e ‘70.

pria, alcuni titoli di Compagnone e naturalmen­te di Mimì Rea. Lui è uno dei grandissim­i, ricordo quando teneva sul Mattino la rubrica Carta straccia, che piaceva a tanti giovani della mia età, ma io conoscevo e apprezzavo anche i suoi romanzi».

Quella generazion­e ha dibattuto molto sul tema dell’andare via. Oggi Napoli si fa lasciare non solo dagli intellettu­ali, ma anche dai giovani in generale.

«Come Caserta, anche Napoli è una città con una scarsa offerta per i giovani. A Caserta non c’è più un cinema, a Napoli ce ne sono pochi. La città si difende con il teatro, che fa numeri importanti. Per il resto, i segnali di accoglienz­a di eventi internazio­nali latitano. Del resto anche quando ero ragazzo, qui a Napoli era difficile vedere Ronconi o Wilson, bisognava salire su un treno. Caserta, lo sappiamo, è anche peggio. Per fortuna però la Reggia è sotto la guida illuminata di Tiziana Maffei».

Eppure anche chi va via, continua a parlare di Napoli nei romanzi, nei film.

«Certo, accade a Starnone, a Sorrentino, a Erri De Luca, che è tornato su Napoli anche con il suo ultimo ‘A schiovere. Mantenere una relazione con le radici fa sì che il momento espressivo risulti più sincero, più immediato. Quando un autore è in questo tipo di relazione – che sia di amore o di odio non importa – è sempre un balsamo per l’immediatez­za. C’è poi da dire che si può parlare di Napoli ma con discorsi universalm­ente validi. È il caso di Paolo Sorrentino. Aspetto con molta curiosità il nuovo film, è vero che tratta di Partenope ma in realtà potrebbe parlare di tutt’altro. Come in È stata la mano di Dio, dove il regista partiva da Napoli per raccontare il mondo».

Infine, tornando a «Caracas», conosceva già bene il quartiere della ferrovia?

«Lì avevo già lavorato a un film con Incerti, Gorbaciov .E poi ricordo che quando giravo Morte di un matematico napoletano per Mario Martone, mi capitava di ritrovarmi da quelle parti per una pizza anche alle 4 del mattino. E in quale città se non a Napoli puoi mangiare una pizza all’alba?».

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