Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Paolini, nuovo sguardo sull’Italia (Paestum e Napoli)
L’artista espone da Artiaco: la dilatazione delle frontiere culturali limita il rapporto con la storia
Parlare di ritorno al paesaggio per un artista concettuale e minimalista può sembrare un azzardo. Eppure nel progetto «Dall’Italia» (con immagini anche di Napoli e Paestum), che Giulio Paolini, espone da domani e fino al 20 aprile nella Galleria di Alfonso Artiaco in piazzetta Nilo, il tema è proprio questo: come si possa tornare a una delle forme più inveterate dell’arte senza far arretrare mai la propria visione della contemporaneità. E d’altra parte l’artista genovese, ma torinese di adozione, pilastro del movimento di Arte povera ideato da Germano Celant, nel corso della sua carriera ha sempre giocato con le profondità spaziali come un quadraturista del ‘700, o con la riproduzione di forme della statuaria greca in quello spazio asettico e misurabile, sempre totalmente controllato dall’artista.
«Da qualche tempo – spiega bene Paolini - preferisco temi e occasioni espositive in Italia. La dilatazione delle frontiere culturali, utile alla conoscenza reciproca delle diverse esperienze, è però un limite alla corrispondenza di un’opera con la propria storia. Qui allora echi e memorie di autori, lontani parenti di questa mia nuova (o antica) stagione».
Un approccio, che lungi dall’essere un rifugio provinciale di fronte al dilagare di una global art che non regala più nessuna emozione legata ai luoghi e alle storie, sceglie invece di spaziare fra dettagli paesaggistici e visioni più cosmologiche. A partire dalla prima sala con l’opera «Detto (non) fatto», che va dal 2010 al 2024, con quindici teche ordinate in tre file che contengono frammenti scritti dall’artista ma anche foto di mari o cieli, con particolari pittorici fra i quali non può mancare il Golfo di Napoli. Mentre nel collage «Et in Arcadia ego» il tuffatore di Paestum si inabissa tra frammenti colorati e simbolici. E ancora «L’enigma dell’ora», in cui riconoscere un particolare del quadro di De Chirico che dà il titolo all’opera, al centro di dettagli sparsi delle Piazze d’Italia. Nella seconda sala, si va da «Prova d’autore» con il calco in gesso di una mano a «Tutto e niente», in teche di plexiglas, e a «Firmamento. «Qui la scultura maschile in gesso – aggiunge Paolini - rappresenta l’autore nell’atto di apporre la “sua“firma sostituendo al proprio nome quelli di tutti i “suoi” autori». Da citare infine la «Stanza delle apparizioni», in cui profili di cornici dorate rappresentano uno spazio potenziale e mentalmente attraversabile e «Teogonia», un portadisegni che accoglie una tela rovesciata, che rimanda alla nascita degli dei.