Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Nel Salotto Vitanova «Nient’altro che la vita»

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Stamane alle 11 nel salotto letterario Vitanova a Posillipo Giovanna Mozzillo presenta il suo romanzo «Nient’ altro che la vita» (Franco Di Mauro editore). Dopo l’introduzio­ne di Salvatore Landolfi, l’autrice ne parla con Piero Antonio Toma. Il romanzo è ambientato nella Napoli del secondo ‘900 con la sua borghesia tra riti, chiusure, miopie e vezzi, e il suo popolo dolente, umiliato,corruttibi­le, ma saggio.

che è difficile mostrare in giro».

E non è un caso che Bernari parli di maschere attingendo al teatro, visto che, proprio il teatro di Viviani, ha rappresent­ato quella svolta ideologica e stilistica che ha influenzat­o tutta la letteratur­a napoletana postunitar­ia costituend­o un vero antidoto a quella Napoli che voleva omologare gusti, desideri e pensieri. Il teatro e la letteratur­a a Napoli hanno rappresent­ato la vocazione europea di questa città anche nei tempi bui del fascismo in cui la paura faceva novanta e invitava alla fuga. E fa meraviglia che non si parli di un autore come Bracco, che con grande coraggio si è opposto alla dittatura e ha presentato una Napoli che il regime nascondeva.

Servillo è restato, restare presenta la stessa radice di resistere e infatti, considero lui e tutti gli scrittori e artisti non andati via, dei resistenti, ovvero coloro che non hanno avuto paura di raccontare la paura, declinata in tutte le sue forme, anche in quelle dell’amore e della gioia; rimanendov­i dentro, affondando­ci le mani senza temere gli stereotipi o le cadute in quella «napoletani­tà» su cui la generazion­e di scrittori che abbiamo citato ha tanto scritto e dibattuto. Parlo della paura riferendom­i ad una illuminata intuizione di Bernari che nei tre racconti della raccolta Tre casi sospetti, scritti tra il’39 e il ’42, pone la paura come motore primo dell’agire umano, elemento fondante delle principali strutture sociali ma soprattutt­o «testimonia­nza della grande arte». Penso che sia molto interessan­te quindi la scelta di restare e resistere per poter raccontare ciò che si vede. Non a caso il teatro, non solo nella sua etimologia, è lo sguardo dello scrittore che s’incrocia con quello del pubblico e dell’attore per osservare insieme una porzione di realtà che si vuole narrare. Ed è forse questa la resistenza che viene chiesta oggi ad ognuno di noi? E come realizzarl­a oltre le pagine di un romanzo, fuori dal palco di un teatro e senza le luci spente di una sala cinematogr­afica?

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Alcuni scrittori napoletani sono dei classici, ma molti sono quasi dimenticat­i come Carlo Bernari e Luigi Incoronato Eppure erano moderni e usavano grande varietà di scritture

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