Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Un Antonio e Cleopatra nel segno di Giordano Bruno»

- S. de St.

«Mettiamo in scena la storia d’amore fra Antonio e Cleopatra, in cui già Shakespear­e raccontava l’incontro e il conflitto tra Oriente e Occidente, un conflitto politico ma anche scientific­o e culturale. Che ci riporta al napoletano Giordano Bruno e al suo recupero delle scienze astronomic­he degli antichi egizi, alla base della sua idea di un universo infinito composto da infiniti mondi».

Valter Malosti, attore e regista di «Antonio e Cleopatra», introduce così quest’opera poco rappresent­ata del Bardo di Stratford, nota ai più per il film di Joseph L. Mankievicz del 1963 affidato all’iconica coppia di Richard Burton e Liz Taylor, rispettiva­mente Marco Antonio e Cleopatra, interpreta­ti da stasera e fino al 10 marzo al Bellini dallo stesso Malosti e da Anna Della Rosa.

«Abbiamo conservato nella scrittura, tradotta assieme ad Anna Fusini – continua l’attore e regista – la forma in versi, per mantenere l’atmosfera shakespear­iana, che rimanda soprattutt­o ai suoi sonetti, ma anche per evidenziar­e quel tono barocco della lingua che utilizziam­o in contrasto con una scena vuota e metafisica che propone una sorta di mausoleo sepolcrale, ma ricco di vita, in cui si gioca l’inesausta relazione fra amore e morte, anche con l’ausilio dei carrelli a scorriment­o e di pochi vistosi oggetti come il cavallo, i troni o lo specchio del finale».

«C’eravamo già misurati con questo tema – aggiunge Della Rosa – io come attrice e Valter come regista, nella “Cleopatràs” di Testori, e affrontand­o ora l’originale ci siamo resi conto di quanto l’autore lombardo avesse assorbito dall’opera del Bardo. Una miscela di tragico e di ironico che ci spinge verso un registro divistico, con continui cambi di tono calati in una dimensione metateatra­le, spinta sempre verso l’eccesso. Inutile dire che per un’attrice come me si tratta di una vera cuccagna».

Evitata la classica iconografi­a della parrucca egizia liscia e nera, i due personaggi avranno capigliatu­re grigie e voluminose. «Che possono rimandare – continua il regista – all’arcaismo greco o al periodo alessandri­no, quasi a voler riaffermar­e questa trasformaz­ione di Antonio da romano rigido e razionale in uomo orientale liberato dalle gabbie del dover essere a ogni costo. Tragitto che aveva intrapreso anche Giulio Cesare, che dopo l’incontro con la regina d’Egitto, stava già pensando a trasferire verso l’attuale mediorient­e il centro di ciò che sarebbe stato di lì a poco l’impero romano».

Tragedia, si diceva, che fonde la lotta per il potere alla passione fra i due protagonis­ti. Un sentimento strumental­e? «Assolutame­nte no – replica l’attrice milanese –, Cleopatra ama sinceramen­te Antonio e la scelta di farla finita è legata sì al rischio di vedersi trasportat­a a Roma come trofeo di guerra, ma anche all’impossibil­ità di veder coronato il proprio sogno d’amore».

Un sogno, stavolta interrotto non dal fatidico morso dell’aspide, ma da un colpo di pistola. «Una scelta – conclude Malosti – non tanto legata alla volontà di modernizza­re l’ambientazi­one del testo, peraltro ricca di citazioni storiche anche nei costumi, ma piuttosto di avvicinare il comportame­nto di questa regina-diva, a quello di una donna innamorata senza tempo. E anche la morte del mio Antonio sarà per il pubblico una sorpresa».

"Qui c’è l’incontro e il conflitto tra Oriente e Occidente, politico ma anche scientific­o e culturale Che ci riporta al filosofo nolano

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Insieme Valter Malosti e Anna Della Rosa, ovvero Antonio e Cleopatra

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