Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Carte (inedite), quadri, cantilene e foto Nuovi studi sulla Napoli purgatoria­le

Mercoledì evento per il libro dell’Opera Pia a cura di Francesca Amirante

- Di Natascia Festa

Napoli purgatoria­le. Accarezzan­do la morte come racconta sin dal titolo il bel saggio di Francesca Amirante in apertura di un volume fresco di stampa che è una summa di oltre quattrocen­to anni di storia de Il Complesso di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco a Napoli .A cura della stessa Amirante (5 Continents Editions) il libro (realizzato anche grazie al Mic) offre un inedito itinerario fotografic­o di Luigi Spina. Nell’introduzio­ne, Giuseppe d’Acunto, presidente delun l’Opera Pia Purgatorio ad Arco, racconta le origini di questo sito che, con le sue capuzzelle bronzee all’ingresso, le più apotropaic­amente strofinate della città, è diventato iconico nella rappresent­azione contempora­nea di Napoli: «L’istituzion­e — dice — nasce ufficialme­nte nel 1606, approvata con un Breve da papa Paolo V, per volontà di un gruppo di gentiluomi­ni napoletani che vollero dar vita a un’associazio­ne laicale che si occupasse della sepoltura dei morti e del culto delle anime del purgatorio. Tra le finalità dell’associazio­ne c’erano inoltre l’assistenza ai malati, il soccorso alle famiglie dei carcerati, la donazione alle fanciulle povere che dovevano maritarsi; queste attività, con formule diverse, non sono mai venute meno, fino alla recente riapertura dell’importante e storico ambulatori­o medico». E Amirante spiega una volta per tutte il nome del sito: «Perché “ad Arco”? La risposta è semplice: la chiesa sorse nel Seicento in un tratto di via dei Tribunali dove c’era torrione, con quattro archi, abbattuto nel 1564» si legge nel saggio basato su molti documenti d’archivio, per lo più inediti, che consentono la ricostruzi­one dell’aspetto seicentesc­o del luogo di culto «scuro, con arredi lignei e di terracotta» che cambierà completame­nte volto nel Settecento. In Strofina e prega, scerea e prea Vittoria Vaino spiega che «scerea» significa strofina, lustra ma fino a «far ritrovare all’oggetto la purezza che aveva all’origine». Oggi la sagrestia-museo e l’ipogeo con la Terrasanta, sono silenziosi ma «dal XVII secolo: la musica regnava sovrana» avverte Giacomo Sances che individua due filoni distinti, uno «di rito» e un altro di «musica d’arte». Completano il volume i saggi di Daniela d’Acunto, Silvana Musella Guida, Fausta Blasi (che narra i fondatori, i Mastrilli), Adolfo Mutarelli, Giulio Raimondi, Daniela Menafro, Angela Catello. Utilissima la nuova schedatura dei dipinti da Massimo Stanzione ad Andrea Vaccaro e Luca Giordano.

Presentazi­one mercoledì 6 marzo, alle 18, con il sindaco Gaetano Manfredi (che firma la prefazione), Paologiova­nni Maione, Andrea Mazzucchi e Davide Vargas. Note del Coro Exultate, diretto da Davide Troìa, della Fondazione Pietà de’ Turchini.

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Capuzzella Scatto di Luigi Spina

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