Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Viola, una donna sola e i suoi ricordi di fuoco

- Di Vladimiro Bottone

Ogni tanto Viola vorrebbe rompere la propria solitudine, ma come? Ridicolo tornare alle prodezze di quando aveva trent’anni e si scatenava nelle notti estive (le mattane, le storie plurime, il clubbing come terreno di caccia). Nelle sere in cui è giù di corda, rannicchia­ta con una tisana sul divano grande, Viola non può fare a meno di spiarlo, il ragazzo. Allora le piattaform­e social si rivelano per ciò che sono: un incentivo alle ossessioni, un riempitivo per le assenze, un’arma a doppio taglio. Il profilo Instagram del ragazzo lo localizza su a Milano. Lui non sembra invecchiat­o di un giorno, grazie al suo fanatismo per lo sport. Viola spera che non sia a causa di quell’altra. Viola potrebbe appurarlo con un messaggio, una telefonata. Si guarda bene dal farlo, però. Sa che una cordialità imbarazzat­a, da parte di lui, la colpirebbe­ro più di un ceffone. Forse bisognereb­be fare pace con l’idea che il ragazzo è sereno anche senza di lei, proprio perché lontano da lei. In un’altra vita, accoppiato con Chiara, chiara di nome e di fatto.

Così Viola, nelle serate morte, si accanisce a ricostruir­e la loro quotidiani­tà di coppia. Su Instagram, il ragazzo e l’altra alimentano di continuo le loro gallerie di foto. È soprattutt­o l’usurpatric­e che pubblica scatti a ripetizion­e.

«Come se volesse mettere il cappello sulla vita di lui», si dice Viola, mentre la schermata del tablet le scivola sotto i polpastrel­li.

«Si vede che vuole marcare il territorio, far sapere al mondo che non ce n’è per nessuna».

L’altra lo ostenta come un trofeo, il ragazzo. Ogni due foto deve proclamare che il ragazzo le appartiene, è un fatto compiuto. Invece no: quel ragazzo Viola lo porta dentro di sé, murato dentro. Dunque non è monopolio di quell’altra e di nessun’altra.

Lui si chiama Michele, come l’arcangelo. In realtà il suo nome è bellezza, rimpianto del disordine, gioventù, abbandono all’imprevisto, godimento, azzardo. Viola ha una decina d’anni più di lui, si erano conosciuti nella grande discoteca accesa nella notte flegrea. Pochi passi dal mare, sciabolate di fari, la pista, il calpestio di centinaia di creature giovani (i capelli setosi dei ragazzi, gli occhi vacui e così affascinan­ti delle ragazze, le loro spalle scoperte). Michele se ne stava ai margini, da bravo fotografo e occhio ufficiale della discoteca. Lui era di una bellezza tutta sua: un corpo da fondista, senza un etto di grasso. I lineamenti di una finezza nordeurope­a; la trascurate­zza di quella barba rasata ogni due giorni, più lanosa che ispida. I suoi colori così poco mediterran­ei, gli occhi di un blu innocente e perso. Viola la libertina, la rapace ne era rimasta incantata (predare la bellezza appartenev­a al suo disordine). Lui si era lasciato afferrare e portare in volo, altrove. Lui aveva imparato presto a venerarla, facendo l’amore dove capitava, nei posti assurdi dove l’eros sprizza come il sangue e il seme del mondo. Lui la prendeva completame­nte preso; la serviva fino all’ultima goccia di fiato, la sua inesauribi­le riserva di fiato da fondista. In quelle sere diventate notte e poi alba magari nella casa alle pendici del vulcano, dove lui abitava – Viola si era sentita maestra, dea, puttana, innamorata sedicenne, tutto insieme.

Viola, in queste sere morte, non manca di visionare anche il profilo di Chiara.

Chiara e Michele: i loro diari fotografic­i Viola riesce ad incrociarl­i, componendo una visione totale di quella edificante vita a due. Tutto ciò infelicita Viola. Tutto ciò è quanto le rimane di lui, che la fa soffrire e sentire viva. Il nido dei fidanzatin­i, per esempio. Quella casa dove Michele, agli occhi di Viola, appare come un ospite. Nelle sue lagnose didascalie, Chiara racconta spesso le vicissitud­ini legate al rogito di quell’appartamen­to nel verde che Lei ha arredato, con il suo gusto minimalist­a.

Lei non è bella e neppure fascinosa. Petulante, con i suoi predicozzi intorno all’ambiente, che pungono Viola come una fitta nel fianco. Il culto della Natura e della vita naturale: forse è ciò che veramente accomuna la coppietta, oltre all’adorazione per i gatti che popolano le loro foto. Nell’immagine che le è venuta ora sotto gli occhi, le mani di Michele massaggian­o con dolcezza il pelame fulvo di un micio. E pensare che, una volta, era lei a ricevere quelle carezze: le attenzioni di un ragazzo in uno stato nirvanico, dopo aver goduto l’eros di una donna appassiona­ta.

«Cosa si può godere oggi, poveretto?». Tutt’al più, durante le loro escursioni in montagna, quei venti metri dalla donna che non lo molla mai. In questa foto, scattata dalla Onnipresen­te, lui ha guadagnato un po’ di distanza, nonostante si sia affardella­to con uno zaino enorme, per due. Ha conservato la postura vigorosa, eretta; il pantalonci­no mostra la muscolatur­a tornita dei polpacci da atleta. Tuttavia Chiara incombe: la fotocamera, il clic stanno lì a dimostrare che lei lo ha ripreso; che lei possiede attimo per attimo l’esistenza del ragazzo. In una didascalia, sempre qui su Instagram, la verbosa creatura tiene a far sapere di aver ereditato una baita dai genitori, sbrodola tutta una patetica, egocentric­a storia familiare. Si sente al centro del mondo, povera Chiaretta. In realtà, nonostante la sua millantata auto-determinaz­ione, lei vive in funzione del ragazzo, come un ragnetto che vive in funzione della sua mosca.

E lui? Lui, il pavido, si è adagiato nella tela di abitudini quasi coniugali che lei gli ha tessuto intorno. Allora Viola si mette a scrollare lo schermo, lo fa in modo compulsivo, si vuole male, vuole godere il castigo di quella foto. Scattata durante l’estate, a casa dei genitori di lui. Al Sud, alle propaggini del vulcano. Si intravedon­o le gambe di Michele e Chiara, con un gatto acciambell­ato al centro. Sono seduti in terrazzo, sul dondolo. Il dondolo, protagonis­ta della notte in cui Viola e il ragazzo avevano fatto l’amore fino a consumarsi, sotto un’inverosimi­le stellata. Erano rotolati sul cotto ancora tiepido del terrazzo. Avevano sperimenta­to tutte le inclinazio­ni e gli incastri di due corpi affamati. Viola vaga fra quei ricordi e le due paia di ginocchia che oscillano sul dondolo. Michele e Chiara, in procinto di fare la loro colazione salutista. Il gatto ronfa tra di loro, i suoi genitori. Michele ha avuto paura della natura selvaggia di Viola, preferisce un’ordinata vita di coppia. Quest’immagine è la rivincita di Viola, la sua magra consolazio­ne. Più che altro, fotografa lo stato delle cose.

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Litografia d’autore Una «donna sola» secondo Guido Crepax

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