Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ritorna in piazza la Venere degli Stracci Spesi 168 mila euro? Il Comune: no, donata Domani l’inaugurazione. Resterà lì fino a giugno
NAPOLI Bianca, seducente, provocatoria, nata (in versione originale) nell’atmosfera incandescente della contestazione, alla vigilia del Sessantotto: la Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto a Napoli rinasce dalle sue ceneri, nel formato maxi pensato per piazza Municipio e realizzato nel giugno scorso. Un lavoro durato meno di un mese.
Data alle fiamme il 12 luglio
La «Venere degli Stracci» posizionata a luglio A destra, collocata ieri in piazza Municipio scorso per il gesto inconsulto di un trentaduenne psichicamente fragile, l’opera del maestro dell’Arte Povera viene ora riproposta dal Comune di Napoli e dallo stesso maestro novantenne, che sarà in piazza domani con il sindaco Manfredi a re-inaugurare l’installazione che guarda da un lato al Porto e dall’altra a Palazzo San Giacomo, sede del Comune. Quanto costa la nuova Venere? Sui social circola la polemica sulla presunta spesa di 168 mila euro. «Non ci sono stati costi, è un dono di Pistoletto», smentiscono dal Comune.
Ed è stato proprio il sindaco Gaetano Manfredi, con la consulenza dello storico dell’arte e critico Vincenzo Trione, a volere fortemente il ritorno della Venere nel grande spazio progettato da Alvaro Siza e considerato dai napoletani «troppo vuoto». La Venere lo riempie, almeno in parte, proprio per il suo formato, di gran lunga maggiore rispetto a quello dell’opera in versione originale, che misurava meno di un metro e mezzo di altezza: realizzata in cemento, copia della Venere con mela dello scultore neoclassico Bertel Thorvaldsen, la si poteva ammirare al Museo Madre di Napoli, dove è stata esposta in comodato fino al 2017, ma anche al Museo di Rivoli e alla Tate. A piazza Municipio resterà fino a giugno, poi si dovrebbe trovare una collocazione stabile in un altro luogo pubblico.
Intanto Simone Isaia, l’autore del raptus incendiario, è stato arrestato, poi finito ai domiciliari e infine portato in carcere perché non era rientrato nell’abitazione dopo un permesso. Per Isaia in realtà si sono mobilitati cittadini e intellettuali e lo stesso Pistoletto ha chiesto una riduzione di pena, ritenuta troppo severa, viste le condizioni mentali dell’uomo. Anzi, c’è perfino chi ha creduto di rintracciare nel suo gesto il germe di una insana performance artistica, che dava fine drammatica a un’opera pensata come contrasto tra bellezza e mondo consumistico, classicità e capitalismo, armonia e disordine.
In ogni caso, un merito innegabile della Venere è stato quello di tornare a far discutere dell’arte in rapporto allo spazio pubblico. Non accadeva dai tempi delle installazioni bassoliniane in piazza Plebiscito. La famosa Montagna di sale di Mimmo Paladino nel ’95 fu dissolta granello per granello dagli scugnizzi del Pallonetto. Forse i napoletani avrebbero potuto indossare gli stracci della Venere, come accadde in una installazione alla galleria Attico di Roma nel 1968. Lì Pistoletto portò le sue superfici specchianti e anche gli stracci, che venivano messi a disposizione dei visitatori per travestirsi. Altri tempi, in cui l’arte aveva intatta la forza di spiazzare e scandalizzare. Oggi questo ruolo se lo arrogano in molti casi, alla peggio, i social e alla Venere di piazza Municipio non resta che un dialogo muto e struggente con chi, magari passando frettolosamente, le rivolge uno sguardo incuriosito e partecipe.