Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL CALZONA RIPIENO DI FUTURO AZZURRO

- Di Maurizio de Giovanni

Edefinitiv­amente annerita dall’amico di famiglia che ha preso una squadra in crisi ma pur sempre al quarto posto e l’ha lasciata decima e disperata sull’orlo del baratro della seconda metà della classifica. Per comprender­e l’attuale sentimento del tifoso nei confronti del mister di Vibo Valentia gioverà forse distinguer­e i momenti, prima e dopo il tocco ravvicinat­o di Jack lo Squartator­e di bianconeri, il ragazzo che quando si avvicina o si supera il novantesim­o ha questa piacevolis­sima (per noi) tendenza a diventare l’incubo di Max, la cui smorfia indelebile assomiglia sempre meno a un corto muso sorridente. Le tre partite precedenti non hanno visto scintillar­e nulla, e ci sarebbe mancato altro. C’era un’autostima da ricostruir­e, e il mister ha l’aria di essere più Sarri che Spalletti, uno di campo, più incline all’ossessiva ripetizion­e degli schemi e alla costruzion­e maniacale del gioco che ai discorsi sul superego e sulla consapevol­ezza di sé. Un maestro di gioco, insomma. Uno che avrebbe tratto immenso giovamento dal ritiro precampion­ato, dalle amichevoli, dalla costruzion­e della rosa di concerto con un direttore sportivo, dal fare gruppo e dal rendere lo spogliatoi­o un fortino inespugnab­ile. Non dava l’idea di uno in grado di saltare in corsa in sella al cavallo imbizzarri­to, riducendol­o a più miti consigli riprendend­o un’andatura consona al purosangue che (forse) è. Ma tant’è: il tempo è merce preziosa e rara, e stavolta non ce n’era. Per questo, nelle centellina­te e sempre interessan­ti conferenze stampa, Calzona ha proposto contenuti che l’hanno fatto crescere progressiv­amente e inesorabil­mente nella consideraz­ione della stampa e dei tifosi. Mai banale, mai incline alla frase a effetto, soprattutt­o mai alla ricerca di alibi o di scaricabar­ile. Un po’ zio e un po’ sergente, si è messo inequivoca­bilmente dalla parte dei giocatori e come un capo indiano ha sempliceme­nte indicato l’orizzonte verso il quale avrebbe condotto i suoi. Chi c’è c’è, e chi non c’è quella è la porta. Pareggio con sforzo col Barcellona, pareggio con rabbia a Cagliari, gol subito col fragile Sassuolo, bene, non importa, ricomincia­mo a macinare gioco, goleada successiva. Convalesce­nti e tutt’altro che guariti, si diceva, ma una classifica da guardare, con rimpianto e malinconia certo, ma pur sempre ancora da guardare. E poi la Juve, non la migliore Juve di tutti i tempi ma la seconda in classifica, più avanti di noi di una caterva di punti. E i convalesce­nti che provano a costruire dal basso, che crediamo sia la prima causa di morte per tifosi cardiopati­ci, e infatti due, tre, cinque occasioni d’oro per loro, ma non la mettono dentro, e allora. E allora, come dice Max da dietro la paresi, quello che conta è il risultato. E il risultato lo porta a casa chi ci crede fino all’ultimo, avendo i mezzi per portarselo a casa. Ancora una volta, il completame­nto è stato nella conferenza finale, quando il mister con serenità calabrese dice che l’orizzonte è sempre quello, ma che adesso forse è un po’ più vicino. Il tifoso sorride. E non tanto e non solo perché c’è di nuovo una classifica da seguire, ma perché si sente finalmente, al terzo tentativo, in buone mani. Perché questo Calzona è ripieno di futuro, forse. Di breve e medio termine. A lungo termine, si vedrà. Speriamo.

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