Corriere del Mezzogiorno (Campania)
IL CALZONA RIPIENO DI FUTURO AZZURRO
Edefinitivamente annerita dall’amico di famiglia che ha preso una squadra in crisi ma pur sempre al quarto posto e l’ha lasciata decima e disperata sull’orlo del baratro della seconda metà della classifica. Per comprendere l’attuale sentimento del tifoso nei confronti del mister di Vibo Valentia gioverà forse distinguere i momenti, prima e dopo il tocco ravvicinato di Jack lo Squartatore di bianconeri, il ragazzo che quando si avvicina o si supera il novantesimo ha questa piacevolissima (per noi) tendenza a diventare l’incubo di Max, la cui smorfia indelebile assomiglia sempre meno a un corto muso sorridente. Le tre partite precedenti non hanno visto scintillare nulla, e ci sarebbe mancato altro. C’era un’autostima da ricostruire, e il mister ha l’aria di essere più Sarri che Spalletti, uno di campo, più incline all’ossessiva ripetizione degli schemi e alla costruzione maniacale del gioco che ai discorsi sul superego e sulla consapevolezza di sé. Un maestro di gioco, insomma. Uno che avrebbe tratto immenso giovamento dal ritiro precampionato, dalle amichevoli, dalla costruzione della rosa di concerto con un direttore sportivo, dal fare gruppo e dal rendere lo spogliatoio un fortino inespugnabile. Non dava l’idea di uno in grado di saltare in corsa in sella al cavallo imbizzarrito, riducendolo a più miti consigli riprendendo un’andatura consona al purosangue che (forse) è. Ma tant’è: il tempo è merce preziosa e rara, e stavolta non ce n’era. Per questo, nelle centellinate e sempre interessanti conferenze stampa, Calzona ha proposto contenuti che l’hanno fatto crescere progressivamente e inesorabilmente nella considerazione della stampa e dei tifosi. Mai banale, mai incline alla frase a effetto, soprattutto mai alla ricerca di alibi o di scaricabarile. Un po’ zio e un po’ sergente, si è messo inequivocabilmente dalla parte dei giocatori e come un capo indiano ha semplicemente indicato l’orizzonte verso il quale avrebbe condotto i suoi. Chi c’è c’è, e chi non c’è quella è la porta. Pareggio con sforzo col Barcellona, pareggio con rabbia a Cagliari, gol subito col fragile Sassuolo, bene, non importa, ricominciamo a macinare gioco, goleada successiva. Convalescenti e tutt’altro che guariti, si diceva, ma una classifica da guardare, con rimpianto e malinconia certo, ma pur sempre ancora da guardare. E poi la Juve, non la migliore Juve di tutti i tempi ma la seconda in classifica, più avanti di noi di una caterva di punti. E i convalescenti che provano a costruire dal basso, che crediamo sia la prima causa di morte per tifosi cardiopatici, e infatti due, tre, cinque occasioni d’oro per loro, ma non la mettono dentro, e allora. E allora, come dice Max da dietro la paresi, quello che conta è il risultato. E il risultato lo porta a casa chi ci crede fino all’ultimo, avendo i mezzi per portarselo a casa. Ancora una volta, il completamento è stato nella conferenza finale, quando il mister con serenità calabrese dice che l’orizzonte è sempre quello, ma che adesso forse è un po’ più vicino. Il tifoso sorride. E non tanto e non solo perché c’è di nuovo una classifica da seguire, ma perché si sente finalmente, al terzo tentativo, in buone mani. Perché questo Calzona è ripieno di futuro, forse. Di breve e medio termine. A lungo termine, si vedrà. Speriamo.