Corriere del Mezzogiorno (Campania)
MEZZOGIORNO, ECCO LA ZES (UNICA) IBRIDA
Ma che, in mancanza di un piano strategico approvato e di un’infrastruttura tecnologica centralizzata pienamente operativa, si è stati costretti in parte ad utilizzare il vecchio schema delle otto zes. Così è una Zes ibrida.
Gli operatori economici una fase come questa la chiamano incertezza. E se una banca come Unicredit lo scorso anno di questi tempi convocava a Milano 170 aziende, italiane ed estere, in presenza e da remoto, per dire: guardate che nel Sud dell’Italia si può investire in modo semplice, veloce e con incentivi fiscali a patto di farlo in alcune determinate zone, ora farebbe più fatica a spiegare in che modo si può cogliere l’opportunità per tutta l’area del Mezzogiorno e con quale orizzonte temporale, considerato anche che lo stanziamento del credito d’imposta di 1,8 miliardi vale solo per quest’anno.
Tanto per cominciare, delle 18 domande presentate il primo marzo allo sportello digitale solo una rappresenta una richiesta di autorizzazione unica – quindi, un progetto d’investimento pronto per essere realizzato - perché le altre 17 sono comunicazioni preventive, vale a dire richieste di chiarimenti e informazioni che ai commissari sono sempre pervenute numerose poiché hanno come scopo di instaurare un punto di contatto. Dalla Campania sono arrivate cinque domande su 18 ma non si sa se la richiesta di autorizzazione unica fa parte di queste oppure se proviene da un’altra regione.
Inoltre, sono almeno due i punti che lasciano perplessi della lettera di Caponnetto ai comuni. Il primo è l’ammissione che non esiste il piano strategico della Zes unica, con i settori da promuovere e quelli da rafforzare (per esempio, la transizione energetica) né viene fornito un termine entro il quale sarà definito. Intanto, sono indicate diverse categorie di progetti d’investimento ammissibili all’autorizzazione unica tra le quali l’impresa richiedente deve barcamenarsi per capire quale faccia al caso suo. Ci sono le nuove iniziative che ricadono nei territori delle vecchie otto zes di cui devono rispettare i piani industriali (ma non state cancellate?) e ci sono le iniziative destinate a «territori diversi» che devono ricadere prevalentemente in aree di sviluppo industriale. Tutti gli altri progetti continueranno a essere indirizzati agli sportelli Suap dei comuni e come tali, a quanto si deduce, resterebbero fuori da agevolazioni fiscali e burocratiche perché di dimensioni troppo piccole. Ma la Zes unica non era stata fatta per mettere tutto il Mezzogiorno nelle condizioni di svilupparsi? Il secondo è, anche qui, l’ammissione che non esiste ancora un’infrastruttura digitale dedicata alla Zes Sud e che nel frattempo nasce un ecosistema che mette insieme canali già esistenti come quelli di Unioncamere e di Impresainungiorno.gov.it oltre che la piattaforma tecnologica delle otto zes. In più, la comunicazione tra i comuni con la struttura di missione cambiano a seconda che aderiscano o meno ad impresainungiorno.gov.it. Ma non sarebbe stato più semplice creare un portale unico? Forse è perché occorre il tempo necessario per arrivare a un sistema evoluto. Ma intanto la percezione è che si vuole gestire la Zes Mezzogiorno con una macchina amministrativa e tecnologica non all’altezza dell’obiettivo.
Infine, sarebbe interessante sapere se i fondi stanziati dal Pnrr per gli investimenti infrastrutturali nelle vecchie zes (porti e logistica) sono tutti confermati o se rientrano nella manovra di centralizzazione delle risorse europee che il ministero di Fitto ha messo in atto suscitando la reazione di protesta del governatore della Campania, Vincenzo De Luca. Un duello politico che sembra solo all’inizio.